Pronti? Apriamo il blister di oggi!
Perché uno stesso farmaco, assunto con la stessa posologia, può avere effetti anche molti diversi da un paziente all’altro? Non c’è una risposta semplice a questa domanda. Di certo intervengono componenti genetiche e particolarità metaboliche degli individui. Ma c’è un altro aspetto il cui reale impatto ancora non è stato completamente compreso: la relazione tra il nostro microbiota e i principi attivi.
Il ramo della scienza che se ne occupa prende il nome di farmacomicrobica e mira appunto a definire le interazioni tra popolazioni batteriche che compongono il nostro microbiota e determinati principi attivi.
Oltre agli antibiotici, molti farmaci anche di uso comune modificano la composizione del microbiota intestinale, favorendo la traslocazione di specie batteriche da altre parti del corpo o modificando l’ambiente intestinale. Simili cambiamenti del microbiota possono avere effetti sullo stato di salute complessivo del paziente o modificare l’efficacia del farmaco. Nel caso degli inibitori della pompa protonica, per esempio, si pensa che la diminuzione dell’acidità dello stomaco favorisca la colonizzazione dell’intestino da parte dei batteri orali, provocando una disbiosi e cambiamenti funzionali come l’aumento della biosintesi di acidi grassi e lipidi e del NAD. Anche la metformina modifica il microbiota intestinale dei diabetici promuovendo la crescita di batteri che producono acidi grassi a catena corta, i quali migliorano l’effetto della metformina stessa. Altri farmaci che modificano la composizione del microbiota intestinale sono i beta bloccanti, gli ACE inibitori, gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, i lassativi.
La relazione tra batteri e farmaci è bidirezionale e influenza il sistema immunitario
Se da una parte i farmaci sono in grado di alterare il microbiota, è vero anche il contrario. I batteri, infatti, possono trasformare la struttura del farmaco, alterandone la biodisponibilità, la bioattività o la tossicità. Un esempio eclatante è quello della levodopa, utilizzata per il trattamento del morbo di Parkinson. Alcune specie batteriche intestinali, infatti, sono in grado di metabolizzare la levodopa trasformandola in dopamina prima che arrivi al cervello. Per questo motivo il farmaco viene spesso somministrato per via orale insieme a inibitori del metabolismo del catecolo, come la carbidopa e l’entacapone, per aumentare la sua biodisponibilità.
Un caso particolare della complessa relazione tra microbiota e farmaci è quello dell’immunoterapia anticancro. Sempre più evidenze testimoniano come le specie microbiche possano influenzare l’esito della somministrazione di anticorpi monoclonali, o inibitori dei check point immunitari, per combattere il tumore. Si è visto, per esempio, che pazienti trattati con antibiotici prima, durante o dopo l’immunoterapia avevano tassi di sopravvivenza libera da progressione della malattia inferiori rispetto a pazienti che non avevano ricevuto antibiotici. Anche se i meccanismi con cui il microbiota intestinale influenza l’immunoterapia devono essere ancora chiariti, l’effetto dei batteri non è diretto sul farmaco ma ha a che fare con la capacità di modulare lo stato immunitario generale del paziente.
Comprendere meglio la relazione tra microbiota e farmaci, insomma, appare sempre più fondamentale. Quanto finora emerso sta portando gli esperti a ripensare all’uso che facciamo di molecole ritenute finora molto sicure per via di possibili effetti a lungo termine mai considerati. Inoltre, capire come il microbiota metabolizza i farmaci o interagisce con il sistema immunitario influenzando l’efficacia del trattamento può dare la possibilità di sviluppare strategie – da interventi dietetici all’uso di probiotici specifici fino ai trapianti fecali – per modulare il microbiota per migliorare le terapie.
Pillola di curiosità
L’idea che il microbiota possa influire sull’efficacia dei farmaci può essere fatta risalire allo sviluppo da parte della Bayer del primo antimicrobico negli anni Trenta del Novecento. Prontosil – questo il nome commerciale con cui è più conosciuto – non è di per sé un farmaco ma un precursore della para-amino benzenesulfonamide, una solfanilammide che è il vero principio attivo battericida e che si ottiene per bioattivazione, cioè dalla metabolizzazione da parte dei batteri intestinali del prontosil. Benché il successo commerciale del prontosil sia stato di breve durata, spodestato da altri sulfamidici e poi dalla penicillina, rappresenta una pietra miliare della ricerca farmaceutica e nella storia della medicina.
La nostra pillola di longevità si conclude qui, ma non il nostro viaggio insieme alla scoperta di molecole e ricerche, selezionate dal Comitato scientifico di SoLongevity.
Insieme a questa puntata potrete trovare i riferimenti bibliografici e altri contenuti che speriamo vi appassionino e possano aiutare a svolgere al meglio il vostro lavoro.
Potete utilizzare i messaggi di Whatsapp per fare domande, proporre argomenti da approfondire e dare suggerimenti, così da rendere ancora più utili e interessanti le nostre pillole.
Continuate a seguirci e alla prossima pillola!