Pronti? Apriamo il blister di oggi!
Infiammazione: tutti ne parlano, ma non sempre sanno cosa sia davvero. È una parte essenziale della risposta immunitaria, indispensabile in alcuni casi per sbarazzarsi di ospiti indesiderati. Ma questa non è la sua unica faccia. Ce n’è anche una molto meno utile. Questo processo che mantiene il sistema immunitario costantemente attivo, anche se a basso grado, è chiamato infiammazione cronica latente e sempre di più si scopre essere alla base o contribuire allo sviluppo di malattie non trasmissibili. Come quelle associate all’invecchiamento, per esempio malattie cardiovascolari, diabete, tumori o malattie neurodegenerative. La buona notizia è che l’infiammazione cronica latente può essere contenuta, ma per mettere in campo azioni mirate, commisurate allo stato di salute di una persona, abbiamo bisogno di misurarla. Vediamo come.
Ci sono diversi modi per misurare l’infiammazione cronica latente. Tuttavia non sono tutti equivalenti per sensibilità e affidabilità.
Per prima cosa è necessario specificare che gli esami che di solito vengono utilizzati per rilevare l’infiammazione acuta, per esempio la VES o velocità di eritrosedimentazione, non sono indicati per misurare l’infiammazione cronica latente di basso grado.
Più utile, invece, può rivelarsi la proteina C reattiva ma solo se misurata con il test ad alta sensibilità, che infatti è utilizzato in cardiologia per valutare il rischio di eventi cardiovascolari connesso all’aterosclerosi.
Misurare l’infiammazione cronica ha l’obiettivo di poter agire per prevenire le patologie ad essa associate e migliorare lo stato di salute
Per avere misurazioni più precise dello stato infiammatorio latente, però, bisogna passare ad un altro tipo di diagnostica, più sofisticata.
Un biomarcatore affidabile è l’interleuchina 6, una delle principali citochine prodotte dal sistema immunitario, che dunque costituisce un indicatore della sua attivazione. Un aumento di interleuchina 6 nel sangue è spesso associato a diabete e a fattori di rischio cardiovascolare, oltre che alla presenza di malattie autoimmuni e tumori.
Anche la misurazione della neopterina, una molecola rilasciata dai macrofagi, fornisce un’indicazione affidabile dello stato di infiammazione cronica latente. Tuttavia è poco utilizzata in clinica, così come il dosaggio plasmatico di altre citochine come il TNF e la IL1-beta per via dei costi elevati.
Dal punto di vista pratico, l’esame ad oggi più accessibile per verificare la presenza di uno stato infiammatorio latente è il test della proteina C reattiva ad alta sensibilità
Andando a un livello di diagnostica superiore, uno dei marcatori emersi di recente dallo studio della genetica dell’invecchiamento è il CXCL9, una citochina che può valutare il rischio di malattie cardiovascolari. È un marker importantissimo ma molto poco impiegato nella pratica clinica. Nei grandi studi sui centenari e sulle persone che invecchiano in salute, è stato dimostrato che esistono polimorfismi del gene che codifica per CXCL9 associati alla longevità, al punto da essere considerati tra i più importanti marcatori di inflammaging nell’ambito della ricerca.
Anche gli esperti di SoLongevity stanno lavorando a nuovi sistemi di analisi dell’infiammazione di basso grado. In particolare SoLongevity ha sviluppato un modello basato su modificazioni epigenetiche di alcuni nostri geni. Il test si chiama Radar Epigenetico e misura il livello di metilazione dei geni legati all’infiammazione, come il gene i-Nos. Il test al momento è disponibile per un limitato numero di pazienti, ma i primi dati emersi dagli studi dimostrano la sua elevata sensibilità, capace di rilevare cambiamenti nello stato di metilazione dei geni. Modifiche in positivo dello stato di metilazione del dna si possono ottenere attraverso interventi mirati, da valutare da persona a persona, e che vanno da cambiamenti nella dieta per agire sul microbiota intestinale, all’assunzione di farmaci anti-infiammatori, o ancora attraverso integrazioni nutrizionali specifiche come Cell Fasting.
Pillola di curiosità
L’infiammazione cronica di basso grado che si sviluppa con il passare del tempo viene chiamata anche inflammaging. Può essere innescata da molti fattori, come la presenza di detriti cellulari o proteine ossidate, ma anche un eccesso di nutrienti può contribuire. In quest’ultimo caso si parla di infiammazione metabolica o metaflammation, ossia una forma di infiammazione cronica associata a disturbi metabolici come diabete di tipo 2 e obesità.
La nostra pillola di longevità si conclude qui, ma non il nostro viaggio insieme alla scoperta di molecole e ricerche, selezionate dal Comitato scientifico di SoLongevity.
Insieme a questa puntata potrete trovare i riferimenti bibliografici e altri contenuti che speriamo vi appassionino e possano aiutare a svolgere al meglio il vostro lavoro.
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Continuate a seguirci e alla prossima pillola!