Pronti? Apriamo il blister di oggi!
Un esame del sangue di routine e salta fuori una lieve anemia. E quante persone, ancora oggi, si sentono dire di mangiare spinaci, perché sono una buona fonte di ferro? Peccato che non sia proprio così: 100 grammi di spinaci freschi, infatti, contengono 2,9 milligrammi di ferro, ma solo una minima parte riesce a essere assorbito e utilizzato dal nostro organismo. Il motivo? In una parola: biodisponibilità. Eccola, dunque, la protagonista della pillola di oggi. Parliamo di biodisponibilità, una delle caratteristiche più importanti da conoscere per un nutriente. Ma che cos’è di preciso? E perché conoscerla si rivela cruciale tanto nelle diete quanto nell’integrazione alimentare?
La biodisponibilità è definita come la frazione di un nutriente ingerito che diventa disponibile per l’uso e la conservazione nell’organismo per le sue funzioni fisiologiche. La biodisponibilità, dunque, ha a che fare con la capacità dell’organismo di assorbire la molecola, ma anche con le caratteristiche del nutriente stesso di arrivare là dove serve, superando ostacoli come la membrana cellulare o la barriera ematoencefalica.
La biodisponibilità di un nutriente è influenzata da molti fattori. Alcuni dipendono dalla natura della molecola o dell’alimento in cui è contenuta. Altri dipendono dalle caratteristiche dell’organismo che la assume, per esempio la sua età, il sesso, le condizioni di salute. Altri ancora dipendono dal contesto in cui un determinato nutriente viene assunto, per esempio se il cibo è stato cotto o se è stato consumato con altri alimenti che possono aver interagito tra loro, o anche in quale tratto dell’intestino viene assorbito. Ancora, l’assorbimento e la biodisponibilità di un nutriente sono influenzati dall’attività del microbiota intestinale, responsabile della produzione di molti metaboliti.
Per questi motivi sapere solo il contenuto di un nutriente all’interno di un alimento o anche di un integratore non è così indicativo. Non è detto, infatti, che mangiando un alimento che, tabelle nutrizionali alla mano, ha un alto contenuto di una sostanza con proprietà benefiche, il nostro corpo riesca ad assorbirla e utilizzarla.
La biodisponibilità è la frazione di un nutriente ingerito che diventa disponibile per l’uso e la conservazione nell’organismo per le sue funzioni fisiologiche
Riprendendo il caso del ferro con cui abbiamo aperto la nostra pillola, la biodisponibilità di questo elemento cambia in modo significativo in relazione alla sua origine. Il ferro più biodisponibile è chiamato ferro EME, una forma in cui il ferro è legato a emoglobina o mioglobina animali e che dispone di sistemi specifici di trasporto cellulare. Per il ferro non EME, come quello che si trova nei vegetali, l’assorbimento dipende dallo stato di ossidazione: solo la forma bivalente viene assorbita. Ecco perché di tutto il ferro contenuto negli spinaci solo una piccola parte rimane biodisponibile.
Conoscere la biodisponibilità di un nutriente e come può essere alterata è fondamentale per assumerlo in modo corretto o per scegliere il prodotto più adatto a una certa persona in base alle sue esigenze. Tornando ancora all’esempio del ferro, l’assorbimento della forma inorganica è facilitato dall’acido ascorbico e citrico, che lo mantengono bivalente, mentre le fibre lo ostacolano. Chi assume antiacidi per lo stomaco, inoltre, potrebbe avere problemi di assorbimento.
Discorsi analoghi possono essere fatti per aminoacidi e proteine, così come per carboidrati e lipidi.
La biodisponibilità di un nutriente è influenzata da molti fattori: dalla natura della molecola o dell’alimento alle caratteristiche dell’organismo, dallo stato di salute alla composizione del microbiota, fino al contesto in cui l’alimento viene assunto
Avere ben chiaro il concetto di biodisponibilità e tenere in considerazione tutti i fattori che possono influenzarla, comprese le interazioni e le sinergie tra molecole, è fondamentale anche per la formulazione di un integratore alimentare e per consigliare ai pazienti quelli più adatti. I prodotti SoLongevity contengono molecole selezionate scegliendo tra quelle con le caratteristiche chimiche più appropriate, creando combinazioni che massimizzano l’assorbimento e sfruttano le sinergie. Come Cell Fasting, che abbina precursori biodisponibili di NAD, glutatione e resveratrolo per potenziare la risposta agli stress e contrastare gli effetti dell’invecchiamento.
Il concetto di biodisponibilità, però, non si limita all’assorbimento intestinale. Una volta trasportate nel torrente circolatorio, le molecole devono avere accesso ai compartimenti corporei e cellulari in cui possono esplicare i loro effetti. Nella prossima pillola, dunque approfondiamo il tema biodisponibilità, vi parleremo degli ostacoli da superare e di quanto la selezione dei nutrienti sia essenziale per un integratore di qualità.
Pillola di curiosità
Spesso l’immagine di una persona che mangia una carota cruda è vista come simbolo di dieta sana e salutare. D’altra parte tutti sanno che le carote sono ricche di carotenoidi che tanto fanno bene alla pelle, specie in previsione dell’estate. Meno noto è che in realtà il carotene è poco accessibile: per assorbirlo bisogna rompere sia la parete cellulare esterna delle cellule vegetali sia la doppia membrana dei cloroplasti in cui il carotene è contenuto. Una ricerca del 2002 che ha utilizzato un modello in vitro di digestione ha stimato che il carotene accessibile in una carota cruda è pari al 3% del totale. La percentuale di carotene accessibile, però, sale al 21% se la carota viene omogeneizzata e al 27% se viene anche cotta. Gli studi in vivo disponibili sembrano confermarlo.
La nostra pillola di longevità si conclude qui, ma non il nostro viaggio insieme alla scoperta di molecole e ricerche, selezionate dal Comitato scientifico di SoLongevity.
Insieme a questa puntata potrete trovare i riferimenti bibliografici e altri contenuti che speriamo vi appassionino e possano aiutare a svolgere al meglio il vostro lavoro.
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Continuate a seguirci e alla prossima pillola!