Pronti? Apriamo il blister di oggi!
Continuiamo a parlare di rischio cardio-cerebrovascolare. Tra i fattori che contribuiscono ad aumentare la probabilità di eventi come l’infarto o l’ictus ce n’è uno meno conosciuto e scontato, ma altrettanto importante per una valutazione completa del rischio corso da una persona. Si tratta di una condizione nota come iperomocisteinemia, ossia la presenza di elevati livelli di omocisteina nel sangue.
L’omocisteina è un aminoacido che deriva dal metabolismo di un altro aminoacido essenziale, la metionina, che si assume attraverso gli alimenti proteici di origine sia animale che vegetale. La maggior parte dell’omocisteina nel plasma si trova legata a proteine, in particolare all’albumina, in attesa di essere riconvertita in metionina attraverso vie metaboliche come la rimetilazione, o trasformata in cisteina da utilizzare per la sintesi di glutatione mediante il processo di transulfurazione.
Il 20% circa dell’omocisteina plasmatica, invece, è libera e si trova in due forme, una ridotta e una ossidata. La forma ossidata, però, è tossica per l’endotelio e aumenta quando i valori di omocisteina totale superano le 100 micromoli per litro.
I livelli di omocisteina plasmatica sono un parametro utile da misurare per la valutazione del rischio cardio e neuro vascolare
L’iperomocisteinemia ha dunque un effetto negativo sulla salute del sistema vascolare favorendo processi di aterosclerosi: livelli elevati di omocisteina libera alterano infatti la struttura dei vasi degradando e inibendo la formazione di collagene, elastina e proteoglicani. Di conseguenza vengono alterate anche le funzioni dell’endotelio, tra cui la sintesi di ossido nitrico. Quest’ultimo è una molecola amica dell’apparato circolatorio perché – tra i suoi tanti ruoli – favorisce la vasodilatazione e la riduzione dell’infiammazione cronica di basso grado, e ostacola la formazione delle placche aterosclerotiche.
Le cause dell’iperomocisteinemia possono essere difetti enzimatici, patologie, carenze nutrizionali ed effetti collaterali di farmaci. Nel 10% della popolazione, per esempio, sono presenti polimorfismi del gene che codifica per la metilenetetraidrofolato reduttasi o 5-mtfh reduttasi, un enzima coinvolto nella conversione dell’omocisteina in metionina. Livelli elevati di omocisteina si verificano anche in caso di ipotiroidismo, insufficienza renale, tumori, e sono manifestazione di una malattia rara chiamata omocistinuria. Infine, deficit alimentari e l’effetto di farmaci come la carbamazepina o i contraccettivi a base di estrogeni possono portare a carenze di folati e di vitamine B6 e B12, che sono cofattori essenziali nei processi metabolici dell’omocisteina.
Per questi motivi la valutazione dei livelli di omocisteina, attraverso un semplice prelievo di sangue, è indicata per avere una fotografia più dettagliata del rischio cardio e neurovascolare di una persona. Anche perché l’iperomocisteinemia può essere corretta, con conseguente diminuzione del rischio di formazione di pericolose placche aterosclerotiche, introducendo cambiamenti nell’alimentazione o attraverso interventi di integrazione che agiscono sulle vie metaboliche dell’omocisteina.
L’iperomocisteinemia è un problema che, con i giusti interventi, può convertirsi in un’opportunità per ripristinare una buona fisiologia, basata su una corretta replicazione cellulare e una normale sintesi di Dna
Con questa indicazione SoLongevity ha sviluppato CardioAge, un integratore che con la sua formula brevettata favorisce la conversione dell’omocisteina in glutatione endogeno. Fornendo un apporto extra di gruppi metilici, inoltre, potenzia la presenza di folati della formula. In quanto stimolatore della metilazione, CardioAge ha effetti che vanno anche al di là dell’intervento sui livelli di omocisteina plasmatica, contribuendo a prevenire o ritardare la comparsa di condizioni legate all’invecchiamento. Regolarizza, per esempio, i processi biochimici che portano alla sintesi di un’ampia varietà di sostanze, come la creatinina, la colina, il coenzima Q10. La metilazione serve anche a metabolizzare le catecolamine, la dopamina, la noradrenalina e l’epinefrina, a disattivare l’istamina e a metilare i fosfolipidi, favorendo la trasmissione dei segnali attraverso le membrane. Non dobbiamo dimenticare, infine, gli effetti epigenetici che promuovono la stabilità del dna, concorrendo a rallentare l’invecchiamento cellulare.
Pillola di curiosità
Uno studio clinico in doppio cieco su 42 pazienti ha dimostrato che un supplemento dietetico di acido folico a basso dosaggio associato al precursore dell’acido glutammico oxiprolina è sufficiente a ridurre i livelli di omocisteina nei pazienti con iperomocisteinemia. Il protocollo è più efficace sia della somministrazione di sola oxiprolina sia della terapia convenzionale con 15 milligrammi al giorno di folato dopo tre mesi di assunzione. I risultati confermano anche che l’impiego di oxiprolina aumenta l’intrappolamento intracellulare dell’acido folico, con conseguente aumento della sua biodisponibilità, consentendo dunque la somministrazione di dosaggi inferiori.
La nostra pillola di longevità si conclude qui, ma non il nostro viaggio insieme alla scoperta di molecole e ricerche, selezionate dal Comitato scientifico di SoLongevity.
Insieme a questa puntata potrete trovare i riferimenti bibliografici e altri contenuti che speriamo vi appassionino e possano aiutare a svolgere al meglio il vostro lavoro.
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Continuate a seguirci e alla prossima pillola!