Pronti? Apriamo il blister di oggi!
Nella scorsa pillola di longevità abbiamo definito l’età biologica come un buon indicatore dello stato di invecchiamento dell’organismo e abbiamo scoperto come determinarla attraverso strumenti che misurano particolari biomarcatori. A oggi il golden standard della categoria è l’orologio epigenetico di Horvath che si basa sull’analisi dello stato di metilazione del Dna. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Steve Horvath è uno dei pionieri nello sviluppo degli orologi biologici. Per il biogerontologo e biostatistico Horvath, questi strumenti per essere funzionali devono rispettare quattro condizioni. Devono fornire una misura quantitativa che correla con l’età. Devono essere applicabili a tutti i mammiferi e per la maggior parte dei tipi cellulari. Devono essere in grado di predire la mortalità, il rischio di ammalarsi e in generale il declino dello stato di salute. Infine, devono essere applicabili anche a cellule studiate in laboratorio.
Le sue ricerche lo hanno portato a sviluppare uno strumento epigenetico basato sulla metilazione del Dna, identificata come un buon marcatore dell’età in vari tessuti.
La metilazione è un processo naturale che apporta modifiche chimiche alla struttura della cromatina: l’aggiunta di gruppi metili alle basi azotate del Dna regola l’espressione genica, accendendo o spegnendo i geni. Così si determinano quali informazioni vengono effettivamente lette, indirizzando la funzione di una cellula o di un tessuto. La metilazione è dunque uno dei processi epigenetici fondamentali nello sviluppo, nel differenziamento e nel mantenimento dell’identità cellulare, ma è implicata anche nello sviluppo di malattie e – appunto – nell’invecchiamento.
I gruppi metilici sono coinvolti anche nelle reazioni che portano alla sintesi di un’ampia varietà di sostanze, come la creatina, la colina, la carnitina, il coenzima Q-10, la melatonina e le proteine basiche della mielina. La metilazione serve anche a metabolizzare le catecolamine, la dopamina, la noradrenalina e l’epinefrina, a disattivare l’istamina e a metilare i fosfolipidi, favorendo la trasmissione dei segnali attraverso le membrane (42,43).
L’orologio di Horvath è un buon metodo per predire lo sviluppo di determinate malattie e per determinare lo stato di invecchiamento dei tessuti
La prima versione dell’orologio di Horvath è stata condivisa con la comunità scientifica nel 2013 sulla rivista Genome Biology.
Horvath ha raccolto informazioni da circa 8 mila campioni di 51 tipi di tessuti e cellule, provenienti dall’Illumina DNA methylation array, un database che contiene i livelli di metilazione del Dna in vari punti del genoma umano.
Analizzando i dati, Horvath ha dedotto il modo in cui l’età influisce sui livelli di metilazione del Dna, dalla gestazione fino a 101 anni.
L’età biologica è vicina allo zero nelle cellule embrionali, per esempio, mentre nelle cellule in coltura aumenta di passaggio in passaggio. La ricerca ha messo in luce anche che le cellule staminali si trovano in uno stato di metilazione neonatale e che il processo di trasformazione delle cellule di una persona in cellule staminali pluripotenti azzera l’orologio delle cellule. Questo dimostra che, in linea di principio, è possibile portare indietro le lancette dell’orologio biologico del corpo e riportarlo – per così dire – all’ora zero.
Nel 2016 il team di Horvath ha mostrato che è possibile calcolare l’età biologica di una persona da un campione di sangue e stimare così la durata della vita. Più di recente, Horvath è anche riuscito a stimare un’età biologica basata sulla metilazione valida per 59 tipi di tessuto in 128 specie di mammiferi.
Pillola di curiosità
Negli esperimenti che portarono alla definizione dell’orologio epigenetico del 2013, l’età biologica della maggior parte dei campioni finì col corrispondere con l’età cronologica. Tuttavia ci furono anche differenze significative tra distretti corporei. In particolare, Horvath scoprì che il tessuto mammario sano nelle donne invecchia più velocemente del resto del corpo, risultando di 2-3 anni più vecchio. Quando poi c’è un tumore mammario, il tessuto sano intorno alla neoplasia è in media più vecchio di 12 anni rispetto al resto dell’organismo. In generale, con l’orologio di Horvath il tessuto tumorale risulta in media di 36 anni più vecchio del tessuto sano, cosa che potrebbe spiegare perché l’età è un importante fattore di rischio per molti tumori in entrambi i sessi.
La nostra pillola di longevità si conclude qui, ma non il nostro viaggio insieme alla scoperta di molecole e ricerche, selezionate dal Comitato scientifico di SoLongevity.
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