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Ringiovanire di 2 anni in 8 settimane: la ricetta per portare indietro le lancette dell’orologio biologico

Articolo di SoLongevity Research

Quando si parla di patologie cardiovascolari, l’età del sistema immunitario conta di più di quella anagrafica. Oggi l’“orologio infiammatorio” iAge consente di stimarla. Come funziona?

Cosa trovi in questo articolo?

  • esiste un test per stimare l’età immunitaria: iAge
  • il punteggio infiammatorio può indicare la risposta immunitaria e il rischio di malattie connesse all’invecchiamento
  • uno studio a Bologna identifica ultracentenari con l’età infiammatoria di un giovane di 25 anni
  • la citochina CXCL9 è un biomarcatore per malattie cardiovascolari

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L’età immunitaria

Quanto siamo a rischio di malattie croniche? Più che l’età anagrafica conta l’età del sistema immunitario. Un gruppo di ricerca dell’Università di Stanford e del Buck Institute for Research on Aging ha sviluppato uno strumento per stimare la nostra età immunitaria, un “orologio infiammatorio”, che si basa su una serie di parametri dell’infiammazione legata all’invecchiamento. Ottenuto grazie a un algoritmo di intelligenza artificiale, il nuovo orologio si chiama iAge ed è stato presentato in un lavoro pubblicato su Nature Aging

 

Studiare il sistema immunitario

I ricercatori hanno studiato le analisi del sangue di circa 1000 volontari di varie età, fra cui molti anziani, partecipanti al progetto Immunome. Le analisi, svolte nel 2010, valutavano i livelli di alcune citochine, cioè molecole prodotte quando c’è un’infiammazione (le stesse generate eccessivamente anche nei pazienti con Covid-19 grave). Fra i parametri si stimava anche la concentrazione di diversi tipi di cellule immunitarie e l’attività complessiva di migliaia di geni all’interno di queste cellule.

L’orologio infiammatorio si basa su una serie di parametri dell’infiammazione legata all’invecchiamento  

L’obiettivo era quantificare l’infiammazione, un’infiammazione non buona che tende ad aumentare nel tempo e che non è necessariamente allineata all’età anagrafica. Successivamente gli autori hanno confrontato i valori del sangue raccolti anni prima con alcuni parametri dello stato di salute, la presenza di patologie, e hanno esaminato l’impatto dell’infiammazione sulla mortalità, validando i risultati con quelli di dati provenienti da altri campioni in corso di studio. Inoltre hanno anche inserito i dati di uno studio in corso a Bologna, che include un gruppo di persone eccezionalmente longeve.

Età immunitaria e anziani Alcuni studi sui grandi anziani confermano che non sempre l’età anagrafica e quella immunitaria corrispondono

L’orologio infiammatorio

I dati sono stati poi combinati e rielaborati mediante un algoritmo di intelligenza artificiale (IA). L’IA ha permesso di creare l’ “orologio infiammatorio”, che suggerisce l’età immunitaria. Nell’architettura dell’orologio infiammatorio, sono determinanti i livelli di 50 citochine, i cui valori, lavorati dall’algoritmo, hanno restituito il punteggio infiammatorio associato sia alla risposta immunitaria sia al rischio della persona di sviluppare numerose malattie legate all’invecchiamento.

 

L’intelligenza artificiale quantifica l’infiammazione “cattiva” e restituisce un punteggio indicativo dell’età immunitaria

 

Il modello funziona: dalle analisi del sangue sui grandi anziani bolognesi è emerso che l’età infiammatoria era in media di 40 anni in meno e un ultracentenario aveva un’età infiammatoria di 25 anni.

Gli autori hanno scoperto che fra le sostanze centrali per la stima dell’età del sistema immunitario c’è una proteina, la citochina CXCL9, che attrae cellule immunitarie sul sito di un’infezione e che risulta in forte aumento dopo i 60 anni.

Non sempre l’età immunitaria è allineata all’età anagrafica di una persona

Attenzione al cuore e non solo

Questa citochina, prodotta non solo dal sistema immunitario ma anche dalle cellule endoteliali che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni, ha un ruolo in varie malattie cardiovascolari.

Da un’ulteriore analisi su un sottocampione di quasi 100 partecipanti è emerso che alte concentrazioni della citochina CXCL9 e delle altre molecole infiammatorie sono legate a un maggiore rischio di alcune patologie. In particolare, si registra un’aumentata rigidità arteriosa, che a sua volta è associata a un maggior rischio di infarto, ictus e insufficienza renale, e un ingrossamento della parete del ventricolo sinistro. 

Studi su modelli animali hanno peraltro segnalato che abbassando i livelli di CXCL9 si potrebbe ripristinare anche un adeguato funzionamento delle cellule endoteliali, che tornerebbero a essere più giovani.

 

La citochina CXCL9 sembra essere un biomarcatore per il rischio di patologie cardiovascolari: più è alta la sua concentrazione, maggiore è il rischio

 La ricerca è ancora agli inizi, tuttavia apre una strada per capire meglio perché alcune persone sviluppino malattie croniche con più facilità di altre. L’obiettivo è riuscire a valutare il rischio individuale e riconoscere in anticipo eventuali condizioni o disturbi che possono peggiorare nel tempo, per trattarli precocemente.

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