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N-acetilcisteina, allo studio il suo ruolo nell’immunoterapia contro i tumori

Articolo di SoLongevity Research
Diversi studi supportano l’ipotesi che l’efficacia dell’immunoterapia possa essere prolungata nel tempo agendo sui meccanismi che regolano lo stress ossidativo intra-cellulare

Di cosa parla questo articolo

  • In oncologia, l’immunoterapia si basa sull’idea di scatenare le nostre difese immunitarie contro il tumore
  • Il sistema PD1-PDL1 svolge il ruolo di checkpoint immunitario, ovvero controlla lo stato di attivazione del sistema immunitario
  • Uno degli approcci di frontiera nel campo dell’immunoterapia è quello di utilizzare anticorpi monoclonali che agiscano sul sistema PD1-PDL1, prolungando l’attivazione delle nostre difese immunitarie
  • Questo approccio, per quanto promettente, risulta efficace per periodi di tempo limitati, e la scienza sta cercando di capire il perché

Che cos’è l’immunoterapia e cosa sono i checkpoint immunitari?

Il concetto di base dell’immunoterapia in oncologia si basa sull’idea di scatenare le nostre stesse difese immunitarie contro il tumore. In questo caso, parliamo in particolare dell’immunoterapia che agisce sul meccanismo PD1-PDL1. Di che cosa si tratta? PD1 e PDL1 sono due proteine che svolgono il ruolo di checkpoint immunitari, cioè dei punti di controllo che fanno in modo che il sistema immunitario non si attivi troppo, o troppo a lungo (si pensi, ad esempio, alle malattie autoimmuni, nelle quali le difese immunitarie impazzite si scatenano contro le nostre stesse cellule). PD1 si trova sulla superficie di cellule appartenenti al nostro sistema immunitario, i linfociti T, mentre PDL1 si trova espresso sulle cellule tumorali. PD1-PDL1 sono in grado di legarsi tra loro e quando lo fanno bloccano l’azione difensiva del linfocita.

Uno degli approcci di frontiera nel campo dell’immunoterapia è proprio quello di utilizzare anticorpi monoclonali che vadano a bloccare
l’interazione fra PD1 e PDL1, in modo che il linfocita non sia più soggetto a questo naturale meccanismo inibitorio di controllo e rimanga
permanentemente attivo nella battaglia contro il tumore.

Che cosa succede ai linfociti T perennemente attivati?

Fin qui tutto bene, visto che questo approccio sembra molto efficace nell’indurre la regressione di molti tipi di tumore. Purtroppo, però, l’efficacia appare limitata nel tempo, e la scienza sta cercando di capire il perché. La risposta sembra trovarsi nel meccanismo col quale le nostre cellule neutralizzano le specie reattive dell’ossigeno, le cosiddette ROS (da reattive oxygen species), spesso chiamati radicali liberi, che sono il prodotto delle normali attività metaboliche delle cellule stesse. Mantenendo i linfociti T in uno stato non fisiologico di costante attivazione, le cellule si trovano ad accumulare le ROS, che causano così uno stato di stress ossidativo molto deleterio.

Inoltre, in queste condizioni i linfociti T sembrano andare incontro ad un vero e proprio “blocco energetico”, che porta ad una carenza di ATP. Questa molecola è fondamentale per il nostro organismo perché è la “moneta” attraverso la quale la cellula scambia energia per mantenere attivi tutti i suoi processi vitali, ma è anche importantissima per la produzione dei mattoncini di base che costituiscono il nostro DNA, i nucleotidi. Insomma, i linfociti, continuamente stimolati dall’immunoterapia PD1-PDL1, non sono più in grado di sintetizzare il materiale genetico necessario alla loro proliferazione e, come conseguenza, smettono di dividersi e vanno piano piano incontro a morte cellulare. Infine, un altro meccanismo che entra in gioco è quello che riguarda il glutatione, una molecola molto importante per combattere lo stress ossidativo intra-cellulare. Nei linfociti T continuamente stimolati, i pool di glutatione vanno piano piano ad esaurirsi, alimentando il circolo vizioso già innescato dall’accumulo di ROS.

La N-acetilcisteina aiuta a ripristinare i livelli di glutatione

Secondo recenti studi, condotti prima su cellule coltivate in laboratorio e poi sui topi, aggiungere all’immunoterapia l’N-acetilcisteina (Nac) potrebbe prolungarne gli effetti positivi, andando proprio a disinnescare i meccanismi di stress ossidativo dovuti alla “iperattivazione” dei linfociti T. In altre parole, questa molecola potrebbe supportare i linfociti nella loro “corsa prolungata” contro il tumore, che richiede di sostenere un’attività metabolica molto più intensa del normale. In particolare, la N-acetilcisteina è un precursore di sintesi del glutatione, per cui la sua integrazione contribuirebbe a mantenere inalterati i livelli intracellulari di glutatione, anche nelle condizioni particolarmente stressanti di continua attivazione a cui vanno incontro i linfociti T durante il trattamento immunoterapico. La N-acetilcisteina è già da tempo al centro degli studi di SoLongevity ed è uno dei principi attivi dei nostri nutraceutici, in particolare CellFasting e NeuroProtection, dove agisce in sinergia con un altro precursore, la polidatina, che a sua volta genera resveratrolo. Quest’ultimo è un potente attivatore delle sirtuine che a loro volta sono essenziali per il buon funzionamento del sistema immunitario. Stiamo parlando di una ricerca ancora nelle fasi preliminari che richiederà prove cliniche di efficacia su pazienti oncologici. Il nostro ottimismo nasce dagli ultimi tre anni di esperienza con questa combinazione di principi attivi che sono risultati sicuri e molto efficaci nel ristabilire l’equilibrio energetico delle cellule.

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