fbpx

Scienza della longevità: ecco cosa sappiamo

Articolo di Alberto Beretta Presidente e Direttore Scientifico di SoLongevity

L’invecchiamento secondo la scienza

Quanto vivremo e come non dipende solo dai geni. Gli studi di epigenetica hanno dimostrato che esistono meccanismi in grado di riparare i danni del DNA, aumentare la longevità e ridurre il rischio di malattie. Ecco quello che sappiamo oggi

Nell’ultimo secolo la durata media della vita è quasi raddoppiata, passando da 46 a 75 anni, e si prevede che supererà gli 85 anni nel 2050.

Un cambiamento dovuto a una serie di fattori concomitanti: oltre 50 anni di assenza di grandi conflitti, un progresso economico che ha permesso l’accesso a livelli incomparabili di nutrizione e di igiene, un progresso medico e scientifico senza precedenti. Eppure c’è ancora margine di miglioramento: si stima, infatti, che Il nostro organismo abbia la capacità intrinseca di vivere 115-120 anni.

Il miglioramento dell’aspettativa di vita ha da tempo fatto esplodere il tema della qualità della vita nella fascia più adulta della popolazione: dall’aumento dell’incidenza di patologie croniche e degenerative alle difficoltà funzionali che mal si coniugano con una crescente richiesta di autonomia, di realizzazione personale, lavorativa e sociale.

Possiamo raggiungere un’età avanzata senza invecchiare? Gli studi condotti negli ultimi anni indicano di sì

L’invecchiamento epigenetico

La domanda che ci si pone oggi è: possiamo raggiungere un’età avanzata senza invecchiare? Senza perdere le nostre capacità fisiche e cognitive, conservando il livello attuale nelle diverse prestazioni e, magari, recuperando ciò che si è perso? Gli studi condotti negli ultimi anni nel campo della biologia dell’invecchiamento indicano di sì.

Fondamentale è l’epigenetica (che significa, letteralmente, “al di sopra della genetica”). Non è detto, infatti, che tutto ciò che è “scritto” nei geni si verifichi inevitabilmente: il “potenziale intrinseco” del DNA può esprimersi o meno. Bene, l’epigenetica è l’insieme di tutti quei processi che, senza modificare la sequenza del DNA, regolano questa espressione.

Dall’epigenetica dipende, quindi, l’attuazione di tale “potenziale”, che in alcuni casi conferisce dei vantaggi ma in altri aumenta dei rischi.Basti pensare alle condizioni per cui esiste una familiarità, come l’ipertensione o il diabete di tipo 2: esiste una predisposizione genetica, ma in molti casi è il nostro stile di vita a determinare se diventeremo ipertesi o diabetici.

L’epigenetica è facilmente influenzabile e la ricerca ha già scoperto come farlo

Come funziona il rapporto tra epigenetica e DNA?

Ogni cellula è come una piccola fabbrica che lavora ininterrottamente per produrre tutto ciò di cui il nostro corpo ha bisogno, e per governare le reazioni biochimiche e i processi che avvengono al suo interno. Tutto grazie alle proteine, che sono i “mattoni” strutturali delle cellule e regolano il funzionamento dell’intero organismo. Le proteine sono costituite da una lunga catena di aminoacidi, la cui sequenza è dettata dai geni (le unità di DNA che ereditiamo dai nostri genitori) che ne determinano forma e funzione.

Come funziona il rapporto tra epigenetica e DNA?

Il DNA, però, non è immune agli stimoli e agli “attacchi” provenienti dall’ambiente: inquinamento, radiazioni ionizzanti, virus, batteri, per citare alcuni fattori, possono causare alterazioni che portano a reazioni biochimiche “difettose”: micro-danni che si accumulano con il passare degli anni, dando luogo ai processi degenerativi tipici delle patologie dell’invecchiamento.

L’invecchiamento epigenetico è oggi considerato alla base di tutti gli squilibri che portano alla perdita graduale del capitale-longevità

Il nostro organismo possiede notevoli capacità di auto-riparazione del DNA e di adattamento, e questo grazie soprattutto ai meccanismi epigenetici. È quando questi smettono di funzionare che si parla di invecchiamento epigenetico, oggi considerato alla base di tutti gli squilibri che portano alla perdita graduale del “capitale-longevità” (o riserva fisiologica) con cui nasciamo e che rappresenta il nostro potenziale di vivere in buona salute a lungo.

Tanti meccanismi di invecchiamento

Finora sono stati identificati 9 meccanismi chiave (hallmarks) dell’invecchiamento e l’epigenetica ha un ruolo di primo piano. All’invecchiamento epigenetico, infatti, sono strettamente correlati tutti gli altri “tipi” di invecchiamento, come l’invecchiamento metabolicoimmunitario e cognitivo, a seconda del sistema che consideriamo. Si è anche visto che basta migliorare soltanto uno dei 9 meccanismi, affinché tutti gli altri migliorino.

DNA vs epigenetica: cosa conta di più?

‍Sono state identificate delle varianti geniche (o polimorfismi, cioè geni che differiscono per una singola lettera nella sequenza del DNA all’interno di una popolazione) che possono accelerare o rallentare l’invecchiamento.

Essere portatori di una variante genica che accelera l’invecchiamento non è necessariamente una brutta notizia

La comprensione dei meccanismi epigenetici ha però chiarito che essere portatori di una variante sfavorevole non è necessariamente una brutta notizia, perché l’epigenetica può “limitare i danni”. E anche quando la variante è favorevole l’epigenetica continua a essere importante.‍

Le Blue Zone sono aree geografiche ben delimitate con alte percentuali di ultracentenari. Il punto di forza è certamente la continuità genetica della popolazione, ma il ruolo di specifiche abitudini, che riguardano l’alimentazione e l’attività fisica, e dell’ambiente appare preponderante.

 

Sono stati infatti identificati dei geni, chiamati geni della longevità, la cui attività è misurabile e, soprattutto, modificabile

I geni della longevità

I geni della longevità

Prendiamo il caso delle Blue Zone, aree geografiche ben delimitate con alte percentuali di ultracentenari. Il punto di forza è certamente la continuità genetica della popolazione, ma il ruolo di specifiche abitudini, che riguardano l’alimentazione e l’attività fisica, e dell’ambiente appare preponderante.

Questo perché, come è ormai chiaro, il nostro genoma ha la capacità di “dialogare” e di “adattarsi” al contesto ambientale in cui opera. Se questo dialogo risulta correttamente governato, i 9 hallmark dell’invecchiamento saranno innescati in maniera molto più graduale o non si verificheranno affatto, determinando buona salute e buona qualità di vita. E dando la possibilità di vivere il massimo del capitale-longevità individuale.

Le sirtuine si attivano in condizioni di stress – come scarsità di nutrienti e temperature troppo fredde – o in presenza di minacce, per ridurre l’attività di riproduzione cellulare e concentrare tutte le risorse nella sopravvivenza

Tutti gli organismi possiedono dei geni delle sirtuine. Tra le loro funzioni più importanti vi è quella di attivarsi in condizioni di stress metabolico – come scarsità di nutrienti e temperature troppo fredde – o in presenza di minacce, per ridurre l’attività di riproduzione cellulare e concentrare tutte le risorse nella sopravvivenza.

È noto dagli anni ‘30 che una restrizione calorica moderata allunga la vita, ed è stato dimostrato che questo avviene proprio per azione delle sirtuine.

Oggi sappiamo che lo stile di vita può influenzare l’espressione (cioè la “produzione”) e l’attività delle sirtuine, come il digiuno e la restrizione calorica moderati. È noto dagli anni ‘30 che una restrizione calorica moderata allunga la vita ed è stato dimostrato che questo avviene proprio per azione delle sirtuine.

Un altro stress moderato in grado di modulare l’espressione di queste proteine è l’attività fisica non agonistica. Non solo: si è visto che sia quello che mangiamo sia il momento del giorno in cui lo mangiamo (per esempio evitare determinati cibi prima di dormire) influenzano la loro attività. Sono stati poi identificati alcuni principi attivi (molecole naturalmente presenti nel mondo vegetale) che possono stimolare le sirtuine e aumentarne l’efficacia.

Monitoraggio dell’invecchiamento epigeneticocrono-alimentazioneintegrazione nutrizionale con principi attivi di origine naturale, programmi di attività fisica moderata e training neurocognitivo sono i cardini di una strategia efficace per stimolare l’attività delle sirtuine e preservare il nostro “capitale-longevità”. E sono gli assi fondamentali della ricerca di SoLongevity.

La ricerca di SoLongevity

La ricerca di SoLongevity evidenzia la possibilità di intervenire su 5 dei 9 meccanismi dell’invecchiamento, attraverso un programma medico basato sul principio di “misurare ed agire”, grazie agli strumenti della precision medicine (medicina di precisione).

  1. Misurazione precisa dell’invecchiamento epigenetico e dell’età biologica
  2. Misurazione di parametri funzionali, focalizzata su tre dimensioni:
    • Dimensione immuno-metabolica, ovvero la valutazione del funzionamento metabolico e dello stato infiammatorio.
    • Dimensione neurocognitiva, ovvero la valutazione delle capacità cognitive per mettere a punto un percorso per il loro potenziamento e/o recupero.
    • Dimensione Cardio-respiratorio-scheletrica, ovvero la valutazione dello stato fisico per stabilire il livello ottimale di attività motoria.
  3. Intervento mirato e personalizzato sul sistema delle sirtuine attraverso tre strategie: nutrizione, supplementazione dietetica a base di principi attivi di origine naturale e attività fisica.
  4. Intervento mirato e personalizzato sulla plasticità cerebrale per potenziare ed eventualmente recuperare le capacità cognitive.

Se agire su solo una delle 9 cause dell’invecchiamento è in grado di riportare l’intero sistema in equilibrio, migliorarne 5 può avere un’efficacia estremamente elevata nel rallentare il processo di invecchiamento. I nostri sistemi di misurazione ci permettono di verificare nel tempo l’impatto dei programmi proposti.

 

 

Ultimi articoli pubblicati

Vuoi maggiori informazioni?