Cosa si intende per qualità del sonno? Com’è possibile monitorarla? E quali informazioni utili si possono estrapolare dal monitoraggio del sonno? Ginevra Pignata, psicologa e neuroscienziata esperta di disturbi del sonno, e Alberto Cerasari, medico dello sport e Direttore Sanitario di SoLongevity, ci aiutano a rispondere a queste domande e a capire come funziona nella pratica il programma di SoLongevity. E anche qual è il valore aggiunto di un monitoraggio effettuato sotto la supervisione di esperti, rispetto a quanto può offrire una semplice app per smartphone.

Test e Riprogrammazione del Sonno
Dottoressa Pignata, perché non basta uno smartphone per misurare la qualità del sonno?
“Gli smartphone certamente sono molto interessanti, forniscono indicazioni potenzialmente utili, che tuttavia non saranno mai precise e sensibili come quelle che può fornire un actigrafo, lo strumento medico che utilizziamo presso SoLongevity.
Inoltre, la maggior parte delle app per smartphone non è validata scientificamente per fare una valutazione dei disturbi del sonno. In più, c’è il discorso del posizionamento del dispositivo, che può essere impreciso e può magari portare a rilevazioni erronee. Diciamo che le finalità di uno smartphone sono diverse rispetto a quelle di strumenti medici validati”.
Cos’è un actigrafo e cosa misura?
“L’actigrafo ci fornisce dei dati oggettivi e precisi, permettendoci di fare un’effettiva valutazione clinica. Nel dettaglio, al suo interno sono presenti dei sensori che ci permettono di monitorare sia i movimenti che le variazioni di temperatura corporea. Entrambi questi parametri sono correlati non solo con l’alternanza degli stati di veglia e di sonno, ma anche con le diverse fasi di cui il ciclo del sonno stesso è costituito.
Inoltre, i sensori dell’actigrafo che utilizziamo presso SoLongevity sono collegati con un algoritmo di machine learning che è stato addestrato su dati ottenuti tramite polisonnigrafia, ossia tramite il monitoraggio con elettroencefalogramma delle onde cerebrali che caratterizzano le varie fasi del ciclo del sonno. Questo, in sostanza, ci permette di fare delle correlazioni per estrapolare le stesse informazioni – o quasi – che fornisce un polisonnigrafo dai dati ottenuti con l’actigrafo.
Per esempio, lo strumento che utilizziamo ci consente di monitorare la latenza di sonno, cioè il tempo impiegato per addormentarsi, ma anche l’alternarsi degli stati di sonno più o meno profondo, il numero e la durata degli eventuali risvegli notturni, la durata totale del sonno. Ci permette poi di stimare i livelli di melatonina presenti nel corso della giornata, ossia dell’ormone che regola il ciclo sonno-veglia, per capire se il paziente ha bisogno di un’integrazione oppure no. Tra l’altro, va ricordato che il dispositivo che utilizziamo è certificato classe 1 ed è registrato al Ministero della Salute, quindi è uno strumento medico a tutti gli effetti”.
Come funziona la fase del monitoraggio del sonno?
“L’actigrafo è in sostanza un braccialetto che viene configurato in clinica in base ai parametri specifici che si vogliono andare a monitorare. Una volta posizionato al polso, il paziente lo deve indossare ininterrottamente per una settimana, ovviamente mentre compie tutte le sue normali attività quotidiane.
È uno strumento molto comodo, che è stato validato anche per offrire un comfort e che è specificamente progettato per non disturbare né il sonno né le attività che si compiono normalmente durante la veglia. Il fatto di indossarlo anche di giorno è necessario per avere una panoramica completa di com’è effettivamente strutturata la quotidianità del paziente, per esempio per avere un’idea della regolarità con cui vengono eseguite le varie attività, o di quanta attività fisica svolge e in quale momento della giornata”.
I disturbi del sonno vengono infatti definiti “disturbi a 24 ore”, a sottolineare che non riguardano solo le ore trascorse a dormire, e che per valutarli servono anche informazioni sulle ore di veglia.
Cosa succede dopo il periodo di monitoraggio del sonno?
“Dopo la fase di monitoraggio e la valutazione dei dati ottenuti con l’actigrafo, si passa alla fase di riprogrammazione del sonno. Ossia, si propongono una serie di strategie e di interventi volti a ristabilire un ritmo sonno-veglia sano ed efficiente, con l’obiettivo di migliorare sia la quantità che la qualità del riposo”.
Per “qualità del riposo” si intende per esempio la continuità del sonno, la latenza, che dovrebbe essere inferiore a 30 minuti, e anche la cosiddetta efficienza del sonno, che è la percentuale di ore in cui effettivamente si dorme, rispetto al totale di quelle passate a letto. Quest’ultima non dovrebbe essere inferiore all’85%.
In cosa consiste la riprogrammazione?
“Non si tratta di andare a forzare il sonno, perché non sarebbe fisiologico, si cerca piuttosto di andare a riequilibrare l’orologio biologico del paziente. Questo lo si fa innanzitutto spiegando alcuni principi fondamentali, che possono sembrare scontati, ma che non sempre lo sono. Per esempio, alcuni pazienti descrivono il letto come la loro casa diurna, nel senso che svolgono tutte le loro attività quotidiane dal letto o comunque in camera: questa è un’abitudine che va assolutamente corretta.
Un’altra cosa importante è darsi degli orari, cercare di essere regolari, e anche creare un ambiente ottimale per il sonno, per esempio regolando la temperatura della camera da letto. Un ambiente troppo caldo, infatti, non aiuta il fisiologico raffreddamento a cui il corpo va incontro entrando nelle fasi più profonde del sonno. Fondamentale poi eliminare le fonti di luce blu prima di andare a dormire, quindi gli schermi, e limitare l’esposizione il più possibile anche nelle ore diurne. Agendo sulle impostazioni dello schermo del pc o del telefono si può per esempio andare a ridurre la componente blu della luce emessa.
Un altro aspetto importante è quello della nutrizione: oltre a evitare cene molto pesanti, i nutrizionisti di SoLongevity possono consigliare specifici alimenti che favoriscono la digestione e quindi anche il rilassamento e l’addormentamento. In generale, il nostro è un approccio multidisciplinare, che prevede la collaborazione di diversi esperti, ognuno dei quali fornisce il proprio importante contributo”.
Dottor Cerasari, di quali trattamenti possono usufruire i pazienti a seguito o in parallelo al test del sonno?
“Abbiamo innanzitutto diversificato i check-up, partendo da un presupposto: si può lavorare da un lato sulla prevenzione e sul potenziamento, dall’altro su un fronte terapeutico.

Nel primo caso parliamo di persone che vorrebbero migliorare la loro performance lavorativa o sportiva, per esempio. In questo senso abbiamo messo a punto un percorso che prevede di interfacciarsi con un team multidisciplinare, sottoporsi a esami di laboratorio, per poi andare a integrare e pianificare interventi di potenziamento su misura.
L’altro fronte riguarda condizioni pre-patologiche o già patologiche, predisposizioni genetico-familiari, oppure la necessità di gestire i cosiddetti “cofattori” quali stress, ansia e disturbi del sonno. In questo caso vengono coinvolte anche figure professionali diverse: dal neurologo, alla neuroscienziata – nella persona della Dottoressa Pignata – a un team di neuropsicologi che si occupano di valutazione cognitiva e allenamento cognitivo.
Infine, c’è l’aspetto della medicina di genere e di condizioni tipiche della donna come la menopausa. Abbiamo quindi diversificato i percorsi fra uomini e donne, con proposte sempre più mirate e personalizzate”.
