Sono molti gli studi che stanno cercando di definire lo stile alimentare ottimale per aumentare il numero di anni vissuti in salute. Gran parte della ricerca si focalizza sul digiuno intermittente, per stabilire quale sia la finestra temporale migliore. A esplorare questo mondo è una review dello scienziato italiano Valter Longo su Cell
Di cosa parla questo articolo
- Quali sono le regole nutrizionali della dieta della longevità secondo le nostre attuali conoscenze
- Qual è il periodo di digiuno ottimale per guadagnare in salute
- La dieta della longevità non è finalizzata alla perdita di peso
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Ha senso parlare di una dieta della longevità?
Ciò che mangiamo, molto più di altre cose, è in grado di determinare il nostro stato di salute e la nostra predisposizione a sviluppare malattie nel corso della vita. Ma ha senso parlare di una “dieta della longevità”? Il termine è ovviamente “laico”, ma è certamente possibile adottare un approccio scientifico che consideri gli effetti sull’organismo e sulla salute dell’apporto calorico, della qualità e della composizione del cibo che ingeriamo, e anche delle modalità con cui questo avviene: per esempio la frequenza con cui mangiamo e gli intervalli del digiuno.
A fare il punto sulle conoscenze sull’argomento è un articolo pubblicato su Cell a firma di Valter Longo, professore di Biogerontologia e direttore del Longevity Institute della University of Southern California di Los Angeles, e di Rozalyn Anderson dell’University of Wisconsin: i due scienziati hanno esaminato centinaia di studi su nutrizione, malattie e longevità e li hanno combinati con i propri studi sui nutrienti e sull’invecchiamento. L’analisi ha incluso diete famose, come la restrizione delle calorie totali, la dieta chetogenica ricca di grassi e povera di carboidrati, le diete vegetariane e vegane e la dieta mediterranea.
“Abbiamo esplorato il legame tra nutrienti, digiuno, geni e longevità nelle specie a vita breve e li abbiamo collegati a studi clinici ed epidemiologici nei primati non umani e umani, compresi i centenari”, spiega Longo: “Adottando un approccio multi-sistema basato su oltre un secolo di ricerca, possiamo cominciare a definire una dieta per la longevità che rappresenti una solida base per le raccomandazioni nutrizionali e per la ricerca futura”.
La review ha considerato anche le diverse forme di digiuno, tra cui la cosiddetta dieta mima-digiuno (una dieta a breve termine che stimola una risposta dell’organismo simile a quella che si ottiene con il digiuno del corpo), il digiuno intermittente (che prevede il digiuno per un certo numero di ore ogni giorno) e il digiuno periodico (periodi di due o più giorni di digiuno durante il mese).
Oltre ad esaminare i dati sulla durata della vita da studi epidemiologici, Longo e Anderson hanno collegato questi studi a specifici fattori dell’alimentazione che regolano alcuni meccanismi epigenetici condivisi dalle specie animali (umani compresi) che, a loro volta, influenzano marcatori di rischio di malattie, come i livelli di insulinaOrmone prodotto dalle cellule delle isole di Langerhans del pancreas. Stimola l’ingresso del glucosio nelle cellule, sottraendolo al sangue e abbassando quindi la glicemia. Essa induce l'utilizzo del glucosio sia per produrre energia, che per la sintesi del glicogeno e dei grassi., la proteina C-reattiva, fattori di crescita e colesterolo.
Cosa mangiare?
Dalla revisione di questi studi emerge che, dal punto di vista strettamente nutrizionale, una dieta ottimale dovrebbe prevedere un apporto da moderato ad alto di carboidrati da fonti non raffinate (come i cereali in chicco o farine integrali), un apporto proteico basso ma sufficiente e da fonti prevalentemente vegetali (legumi e loro derivati, per lo più) e una quantità di grassi di origine vegetale (olio di oliva, frutta secca e semi oleosi) sufficiente a fornire circa il 30% del fabbisogno energetico. Insomma, qualcosa di molto vicino alla nostra dieta mediterranea nella sua versione più autentica.
La longevità è legata a fattori come la qualità e la combinazione dei nutrienti, la frequenza dei pasti ma anche la genetica: studiare le connessioni ha permesso di definire le regole per una dieta della longevità
Riassumendo, quindi, secondo Longo: molti legumi, cereali integrali e verdure, un po’ di pesce, niente carne rossa o lavorata e pochissima carne bianca. Pochi anche gli zuccheri semplici e i cereali raffinati, e includere la frutta secca, l’olio d’oliva e un po’ di cioccolato fondente.
La dieta della longevità è portare a tavola un approccio scientifico che considera gli effetti sull’organismo e sulla salute dell’apporto calorico, della qualità e della composizione del cibo, ma anche della modalità del consumo dei pasti
Qual è l’intervallo ideale di digiuno tra un pasto e l’altro?
Per quel che riguarda i tempi, invece, emerge che i pasti della giornata dovrebbero essere consumati all’interno di una finestra temporale di 11-12 ore, consentendo un periodo di digiuno giornaliero per le restanti 12-13 ore. Inoltre, un ciclo di 5 giorni di digiuno o di dieta mima-digiuno ogni 3-4 mesi sembra contribuire a ridurre la resistenza all’insulina, la pressione arteriosa e altri fattori di rischio di diabete e malattie cardiovascolari.
Le stesse regole valgono per tutti?
Per attuare la dieta della longevità, comunque, non esistono dettami universali. La dieta dovrebbe essere adattata alle singole persone in base al sesso, all’età, allo stato di salute e alla genetica. All’aumentare dell’età, per esempio, bisognerebbe aumentare la quantità di proteine per contrastare la fragilità e la fisiologica perdita di massa corporea magra, cioè di muscoli.
È importante rivolgersi sempre a uno specialista della nutrizione per personalizzare un piano che sia incentrato su piccoli cambiamenti che possono essere facilmente adottati per tutta la vita, piuttosto che cercare di attuare grandi cambiamenti, che spesso danno risultati solo temporanei.
“La dieta della longevità non è una restrizione dietetica finalizzata solo alla perdita di peso, ma uno stile di vita incentrato sul rallentamento dell’invecchiamento” – Valter Longo
La dieta della longevità è utile anche per perdere peso?
Spesso, infatti, associamo al concetto di dieta quello di perdita di peso, ma la dieta della longevità, il digiuno intermittente e la dieta mima-digiuno non sono volti al dimagrimento. Lo dimostra anche uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha seguito 139 pazienti obesi per un periodo di 12 mesi, prescrivendo loro un regime di ristrettezza calorica e, in alcuni casi, anche di digiuno intermittente. I risultati hanno mostrato che non vi è differenza fra coloro che hanno seguito la dieta con o senza digiuno intermittente in termini di peso, composizione corporea o rischio metabolico di sviluppare malattie cardiovascolari e legate all’obesità.
Longo continuerà le sue ricerche sulla dieta della longevità: la prossima coinvolgerà circa 500 persone e si svolgerà nel Sud Italia. Questo perché vi sono delle somiglianze, ma anche delle differenze, tra i consigli nutrizionali emersi dagli studi condotti finora e la dieta mediterranea seguita nelle cosiddette “zone blu”, quelle che vedono un’alta percentuale di centenari, come la Sardegna, in Italia, Okinawa in Giappone e Loma Linda in California. Le diete tipiche di questi luoghi sono spesso basate su verdure e pesce e sono relativamente povere di proteine. Il loro studio, insieme a tutte le conoscenze pregresse, sarà la base di partenza per comprendere come dovrà evolvere il concetto di dieta della longevità.