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Età neuro-cognitiva: come cambia il cervello

Articolo di Francesca Baglio Medico Neurologo, IRCCS S. Maria Nascente - Fondazione Don Gnocchi di Milano
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La perdita di capacità cognitive è legata a cambiamenti neurobiologici, ma è possibile misurare questo processo e intervenire per rallentarlo. E persino per recuperare le funzionalità

Di cosa parla questo articolo

  • Come avviene e da cosa dipende l’invecchiamento neuro-cognitivo
  • Cosa prevede l’ipotesi dell'uso compensatorio dei circuiti neuronali
  • È possibile misurare l’invecchiamento cognitivo e contrastarlo sfruttando la plasticità neuronale

Oltre all’età biologica di cellule, tessuti e organi di cui abbiamo letto finora, c’è un’altra età da considerare con parametri ancora diversi: quella neuro-cognitiva. Dire che col passare del tempo il cervello perde colpi è, nella sua semplicità, un’espressione abbastanza accurata. Con l’età le funzioni cognitive rallentano e – almeno fino a un certo punto – si tratta di un normale effetto dei cambiamenti che avvengono nella struttura del tessuto nervoso. L’invecchiamento cognitivo è dunque legato a modificazioni neurobiologiche, per esempio l’assottigliamento della corteccia cerebrale o le alterazioni della sostanza bianca, che si riflettono sul funzionamento dell’organo.

Le cause dell’invecchiamento cognitivo

Con l’avanzare dell’età i neuroni muoiono, i nervi si deteriorano, si formano sempre meno nuove sinapsi e si producono meno neurotrasmettitori. Tutto ciò fa sì che la comunicazione all’interno del tessuto nervoso – indispensabile per elaborare le informazioni e rispondere agli stimoli – rallenti. Per questo le performance cognitive peggiorano col passare del tempo. Le regioni del cervello più colpite da queste alterazioni sono le aree frontali, i lobi temporali mediali, le aree della memoria e del linguaggio.

I modelli interpretativi e la plasticità neuro-cognitiva

Esistono diversi modelli teorici che spiegano cosa accade durante l’invecchiamento cognitivo: tali modelli prendono in considerazione sia i cambiamenti che si verificano sia le cause sottostanti, e mettono in evidenza tutta la loro complessità.

Le regioni del cervello più colpite dalle alterazioni sono le aree frontali, i lobi temporali mediali, le aree della memoria e del linguaggio

Per quanto riguarda i cambiamenti, uno dei modelli più accreditati è il CRUNCH (Compensation Related Utilisation of Neural Circuits Hypothesis, Berlingeri 2013), che si basa sull’ipotesi dell’uso compensatorio dei circuiti neuronali. Secondo questo modello, il cervello mette in pratica delle strategie per rispondere ai compiti richiesti, attivando aree cerebrali supplementari e alcuni percorsi alternativi sono peculiari dell’invecchiamento cognitivo. Ciò significa che per risolvere gli stessi problemi, giovani e anziani possono attivare aree diverse, che risultano tipicamente più “diffuse” nei secondi. È per questo motivo che, se da una parte le modificazioni neurobiologiche determinano un peggioramento delle performance del cervello, dall’altra, in un normale processo di invecchiamento, le funzioni non vanno perse del tutto.

L’invecchiamento cognitivo non è uguale per tutti: a determinarlo concorrono fattori modificabili, come l’attività fisica, la dieta, gli interessi, il contesto sociale

Per quanto riguarda le cause, invece, esiste il modello multifattoriale, secondo cui l’invecchiamento cognitivo non è uguale per tutti perché a determinarlo concorrono fattori di rischio sia immodificabili – come l’età anagrafica e la predisposizione genetica – sia modificabili – come i meccanismi di plasticità neuronale e quelle attività che intervengono sull’espressione genetica (epigenetica) ovvero l’attività fisica, la dieta, gli interessi, il contesto sociale e così via.

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Se sui fattori immodificabili non c’è modo di agire, su quelli modificabili si può lavorare molto. La scienza ha chiaramente identificato delle metodiche per misurare lo stato cognitivo, ha sviluppato delle tecniche di stimolazione per il recupero di facoltà cognitive e ha evidenziato le situazioni di rischio che possono essere migliorate modificando il comportamento.

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Loris Bonamassa è un imprenditore veneto, fondatore dell’azienda di famiglia. È stato Presidente del Gruppo Sistemi per Dormire (Federlegno) e Rappresentative in European Bedding Industries Association (EBIA). Ha portato in Italia la figura dello Sleep Coach e ha fondato la STB Sleep Trainer Bonamassa Academy, che forma e certifica gli “allenatori del sonno”, con la collaborazione di medici, società scientifiche e dello sport professionistico. È membro di varie associazioni, tra cui: World Sleep Society (WSS), Società Italiana di Medicina del Sonno Odontoiatrica (SIMSO), European Sleep Research Society (ESRS), Narcolepsy Network Organization, Perform SMC – Sport Medical Center, Med&Sport First Integrated Academy, International Sports Science Association (ISSA Europe), SANIS Kinetic Fitness & Performance School. Ha scritto numerosi libri divulgativi sul sonno, tra cui “L’arte del dormire” e l’ultimo “Sonno e sorrisi” edito da Rubbettino (2023).

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