Fame d’aria e tosse, problemi circolatori, fatigue e difficoltà a concentrarsi, ansia e depressione. Sono solo alcuni dei sintomi del Long Covid, la sindrome che alcune persone che sono state malate di Covid-19 (non si sa bene in che percentuale) si portano dietro per mesi dopo la guarigione ufficiale.
Le cause? Ancora non si conoscono con esattezza, ma di recente alcuni scienziati hanno avanzato un’ipotesi interessante: la sindrome Long Covid potrebbe essere dovuta almeno in parte all’invecchiamento precoce del sistema immunitario (immunosenescenza), conseguenza dell’infezione di Sars-Cov-2.
L’attenzione dei medici e dei sistemi sanitari per questa condizione sta crescendo molto, tanto che nel Regno Unito – dove si stima ci siano attualmente oltre un milione di persone che presentano importanti problematiche a tre mesi dalla scomparsa della positività al virus – stanno nascendo le prime cliniche specializzate per il Long Covid.
Definire il Long Covid
Sebbene se ne senta ormai parlare molto, Long Covid resta una condizione ancora tutta da definire. Per lo più, per il momento, si indicano come Long Covid tutti quei sintomi che affliggono le persone guarite dall’infezione acuta di Sars-Cov-2 ma che persistono per oltre 4 settimane dall’esordio della malattia. Non tutti i pazienti ne soffrono (le stime vanno dal 32,6% all’87,4%), ma la frequenza sembra maggiore tanto più grave è stata la malattia acuta.
Long Covid può manifestarsi a livello di:
- polmoni, con dispnea (fame d’aria), tosse e ipossiemia;
- sistema circolatorio, con formazione di coaguli che possono causare embolie polmonari e ictus;
- cuore, da palpitazioni e dolori toracici a miocarditi e infiammazioni;
- cervello, da emicranie a sintomi neuropsichiatrici (depressione, ansia, insonnia, sindrome da stress post traumatico, disturbi ossessivo compulsivi), alla cosiddetta brain fog (difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e di linguaggio, etc);
- reni, con insufficienza renale;
- naso e bocca, con perdita di olfatto e gusto
- caduta dei capelli
- articolazioni e muscoli, con artralgie e mialgie
- stanchezza generalizzata (fatigue);
- apparato gastrointestinale, con diarrea, reflusso gastrico, perdita dell’appetito, nausea.
La sindrome Long Covid può avere molte manifestazioni: dalla tosse alla fame d’aria persistenti, alla fatigue, dall’ansia alla sensazione di annebbiamento.
Sebbene se ne senta ormai parlare molto, Long Covid resta una condizione ancora tutta da definire
L’invecchiamento precoce del sistema immunitario
Come racconta il New Scientist, durante la conferenza virtuale del Coronavirus Immunology Consortium del Regno Unito e della British Society for Immunology, Niharika Duggal dell’Università di Birmingham (Regno Unito) ha mostrato i dati riguardanti 46 pazienti tra i 30 e i 68 anni che erano stati ricoverati per forme moderate e gravi di Covid-19. Dopo tre mesi dalla dimissione, il sistema immunitario di queste persone aveva assunto caratteristiche particolari, tipiche degli ultrasessantenni: diminuzione di cellule del sistema immunitario “naive” (cellule immature, cioè che non sono ancora state esposte a un antigene), a fronte di un accumulo di linfocitiI linfociti sono le cellule che costituiscono la porzione effettrice del sistema immunitario adattativo; essi sono in grado di generare e modificare gli anticorpi che in futuro riconosceranno gli antigeni. Sono presenti negli organi linfoidi primari, negli organi linfoidi secondari, nel sangue periferico e nella linfa (dove prendono il loro nome attuale). B e T della memoria e un eccesso di linfociti T senescenti. Un cambiamento fisiologico dopo i 60 anni di età, chiamato immunosenescenza, che però non può che suscitare domande se si presenta in persone giovani sopravvissute a Covid-19.
Il sistema immunitario delle persone ricoverate per Covid-19 appare “invecchiato”
il sistema immunitario dei giovani sopravvissuti a Covid-19 sembra invecchiato precocemente, un fatto che potrebbe contribuire all’insorgenza di Long Covid
Un altro studio dell’Università di Manchester ha osservato alterazioni nei globuli bianchi neutrofili, che, ancora mesi dopo la guarigione ufficiale, rimangono troppi e non funzionali. E ancora una ricerca dell’Università di Cambridge ha rilevato cambiamenti nell’espressione genica connessi all’invecchiamento delle cellule del sistema immunitario in pazienti sopravvissuti a Sars-Cov-2.
Se l’invecchiamento precoce del sistema immunitario sia una causa o una conseguenza dell’infezione da coronavirus è, però, ancora da stabilire. In altre parole, la domanda che si fanno gli scienziati è: si ammalano di più e in forma grave le persone con un sistema immunitario “vecchio” (indipendentemente dall’età anagrafica) o è stato il virus a indurre lo squilibrio?
Grazie anche a interventi come attività fisica e dieta, l’invecchiamento del sistema immunitario potrebbe non essere irreversibile
I dati a disposizione sono ancora limitati per cui non è possibile trarre delle conclusioni, ma secondo gli esperti l’immunosenescenza contribuirebbe a spiegare diversi sintomi del Long Covid, per esempio l’eccessiva coagulazione del sangue.
Questi risvolti possono sembrare inquietanti, ma c’è anche una nota positiva: con l’attività fisica e una dieta ad hoc, l’invecchiamento precoce del sistema immunitario non sembra irreversibile.