L’osteoporosi è una condizione molto comune dovuta alla perdita di densità ossea. In Italia interessa una donna ogni tre e un uomo ogni otto dopo i 50 anni. Clinicamente silente, viene spesso diagnosticata solo dopo una frattura. Troppe poche persone sanno che è possibile cercare di prevenirla e che grazie a un approccio integrato multidisciplinare c’è modo di recuperare anche eventuali compromissioni. Ne parliamo con Alberto Cerasari, Longevity Doctor e Direttore Sanitario e referente clinico di SoLongevity.
Dott. Cerasari, che cos’è l’osteoporosi?
L’osteoporosi è una malattia dovuta fondamentalmente a una riduzione della densità minerale ossea (DMO, o BMD in inglese) nel tempo. È dunque una condizione patologica dello scheletro, anche se, in realtà, potremmo dire che ha carattere sistemico. Dal punto di vista epidemiologico è molto diffusa (dopo i 50 anni colpisce una donna ogni tre e un uomo ogni otto), ma è difficile riconoscerla se non attraverso esami strumentali, che di solito si effettuano solo in seguito a una frattura, magari avvenuta in seguito anche solo a un trauma lieve. Può interessare qualsiasi osso, ma i segmenti scheletrici più a rischio includono il femore prossimale – la cosiddetta testa del femore -, l’omero, il polso e la colonna vertebrale.
Quali sono gli esami per identificarla?
Dato il suo carattere silente, per diagnosticare l’osteoporosi occorrono esami strumentali, in particolare la densitometria ossea computerizzata (MOC/DEXA), che, attraverso l’esposizione a una piccola dose di raggi X, analizza la massa e la quantità di minerali (principalmente fosfato di calcio) presenti nell’osso. L’esame restituisce una valutazione della fragilità scheletrica sotto forma di punteggio, chiamato T-score. Secondo le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, dopo i 50 anni un T-score superiore a -1 indica una condizione di normalità; un punteggio compreso tra -1 e -2,5 indica la presenza di osteopenia, cioè una riduzione non grave della densità ossea ma che può peggiorare e prelude all’osteoporosi. Un T-score inferiore a -2,5 corrisponde ad un’osteoporosi conclamata. Va però detto che l’esame strumentale non sempre è sufficiente e deve essere integrato dall’inquadramento clinico del paziente e da esami biochimici.

Modulo MOC e Refertazione
Chi è più colpito e quali sono i fattori di rischio?
Come già accennato, le donne sono più interessate dall’osteoporosi rispetto agli uomini. Il fattore discriminante è la menopausa, che altera gli equilibri ormonali: la riduzione nella produzione di estrogeni (e non solo) compromette lo stimolo al deposito di calcio e osso nella struttura scheletrica.
La menopausa, però, non è l’unico fattore di rischio. Anche l’età avanzata lo è, tanto che, specialmente in presenza di altre condizioni, anche agli uomini può essere consigliato di eseguire una MOC. Anche il basso peso corporeo, in particolare nelle donne, può aumentare le probabilità di sviluppare osteoporosi perché si priva l’osso di un importante fattore di stimolo, ossia il carico. Esistono, poi, fattori di rischio modificabili, legati allo stile di vita, quali una dieta non equilibrata, la sedentarietà, l’abuso di alcolici, l’abitudine al fumo. Alcune patologie predispongono all’osteoporosi, per esempio malattie reumatiche, anoressia nervosa, malattie ematologiche, bronchite cronica, malattie neuro-muscolari, ipogonadismi, malattie legate all’eccesso o al difetto degli ormoni ipofisari, disfunzioni tiroidee, renali o epatiche. Chi soffre di sindrome da malassorbimento e malattie infiammatorie croniche intestinali, o anche di celiachia ha una predisposizione all’osteoporosi, per il mancato assorbimento di nutrienti essenziali come il calcio e la vitamina D.
Infine, l’utilizzo cronico di certi farmaci può ridurre la densità ossea, dai cortisonici agli immunosoppressori, dagli antidepressivi agli antiretrovirali, dagli antiepilettici alle terapie ormonali per il carcinoma della prostata e della mammella.
Qual è la strategia della Solongevity Clinic per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dell’osteoporosi?
Il nostro è un approccio integrato e personalizzato alla gestione delle problematiche di densità ossea, che unisce la diagnosi strumentale con interventi terapeutici mirati su nutrizione, attività fisica e supporto tecnologico, operando in sinergia con diversi specialisti.
La Clinica offre un protocollo diagnostico-terapeutico, incluso anche nel pacchetto Femgevity e dedicato alle donne in peri e post-menopausa, che prevede una visita con uno specialista, il ginecologo, con il coinvolgimento della figura del Longevity Doctor. Si esegue una MOC con la tecnica a doppia energia X (DEXA) che analizza la densità minerale ossea a livello delle quattro vertebre lombari (L1-L4) e del femore prossimale (testa e collo del femore), cioè le aree più a rischio di frattura. Oltre alla MOC, viene incluso un pannello di esami ematici per valutare in modo approfondito il metabolismo calcio-fosforo, i livelli di Vitamina D e di paratormone. Si valuta anche il profilo ormonale completo (estrogeni, testosterone etc.) e la funzionalità di organi come la tiroide, i reni e il fegato. Sulla base di questi risultati si profilano un percorso e un piano di intervento che combinino il supporto medico con strategie non farmacologiche, gestite da un team multidisciplinare.

Femgevity Checkup
L’intervento nutrizionale è cruciale per fornire il supporto necessario alla costante ricostruzione dello scheletro. Mantenere un buon apporto proteico, per esempio, costituisce un fattore protettivo perché fornisce i “mattoncini” necessari alla costruzione dei tessuti, osso compreso. A una dieta bilanciata è possibile aggiungere un’integrazione di aminoacidiGli aminoacidi sono le sostanze di base che costituiscono le proteine. Ogni proteina è caratterizzata da una precisa sequenza di “mattoni” di aminoacidi. Alcuni sono prodotti dall’organismo trasformando gli alimenti, altri, che l’organismo non riesce a sintetizzare, devono essere assunti direttamente con il cibo. essenziali che vanno a stimolare gradualmente il metabolismo dell’osso e dei muscoli per renderli più forti e resistenti, senza sovraccaricare organi come i reni. Anche l’integrazione di vitamina D è fondamentale e viene personalizzata per mantenerla a livelli ottimali. All’interno della SoLongevity Clinic, se necessario, può essere suggerita una terapia di vitamine, minerali e antiossidanti somministrati in vena per bypassare l’assorbimento gastrointestinale, per fornire un boost di nutrienti che precede la terapia orale di mantenimento.

In caso di osteoporosi conclamata, una visita con un nostro chinesiologo clinico e un medico dello sport serve poi a impostare un programma di esercizio fisico terapeutico personalizzato, che è una pratica diversa dalla semplice attività sportiva perché basato su una batteria di test che valutano le reali capacità ed esigenze del paziente e la sua condizione clinica. Le attività con pesi di contro resistenza in genere sono considerate protettive e stimolanti per la salute dell’osso, ma in quei casi in cui alcune ossa siano più compromesse bisogna fare attenzione ai movimenti che implicano torsioni o rotazione della colonna perché anche lievi traumi potrebbero causare fratture.
Non dobbiamo inoltre dimenticare l’importanza del training del respiro e del supporto osteopatico: questi approcci combinati mirano a migliorare la postura, l’equilibrio, la corretta respirazione, che a loro volta incidono positivamente sulla vascolarizzazione e l’ossigenazione dei tessuti, aiutando a prevenire anomalie che predispongono alla patologia.

Training del respiro
Ci sono quindi attività che sarebbe meglio evitare? E quali le migliori, invece?
Non suggerirei il golf, per esempio. Ma anche lo yoga potrebbe presentare delle problematiche per persone che hanno delle compromissioni. Discipline dolci come il Tai Chi e il Qi Gong sembrano invece utili e migliorano la qualità di vita, specialmente per quei pazienti che seguono anche altre terapie croniche.
E il nuoto?
Sebbene ancora oggi si tenda a credere che il nuoto sia lo sport completo per eccellenza, non è indicato da solo per prevenire l’osteoporosi né per trattarla. Questo perché in acqua non esercitiamo carico sulle ossa e, dunque, non stimoliamo correttamente il processo di rigenerazione dell’osso. Anche i nuotatori professionisti che stanno molte ore in vasca ogni giorno completano il loro allenamento con sessioni in sala pesi proprio per mantenere la salute di tutto il sistema muscolo-scheletrico.
La tecnologia può venire in aiuto di chi soffre di osteoporosi?
All’interno della SoLongevity Clinic ci avvaliamo di quelli che chiamiamo “acceleratori”, ossia tecnologie e terapie accessorie che ottimizzano il percorso terapeutico. La fotobiomodulazione, per esempio: l’esposizione a raggi infrarossi riduce l’infiammazione sistemica e migliora la produzione di collagene, aiutando a ottimizzare e velocizzare il processo ricostitutivo e riparativo dell’osso.
Per il futuro stiamo anche prendendo in considerazione di introdurre macchinari che utilizzano l’intelligenza artificiale per modulare il carico in modo costante e sicuro, stimolando la ricostruzione ossea e prevenendo un sovraccarico eccessivo.