Il sistema immunitario è costituito da un insieme di organi e cellule deputati a prevenire e combattere le infezioni. Le cellule T, in particolare, sono in grado di sviluppare una “memoria immunologica” a lungo termine, consentendo al nostro organismo di rispondere in modo rapido e specifico all’infezione da parte di patogeni che aveva incontrato in passato. Ma questa memoria si mantiene anche nel corso dell’invecchiamento? Un gruppo di ricercatori, guidato da Fabio Luciani dell’Università del New South Wales di Sidney e da Katherine Kedzierska del Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne, si è posto proprio questa domanda. Ecco che cosa raccontano i risultati del loro studio pubblicato su Nature Immunology.
Lo studio
Per rispondere, il gruppo di scienziati ha esaminato le cellule T di quattro gruppi di partecipanti, costituiti rispettivamente da neonati, bambini in età scolare, adulti e over 60. I partecipanti sono stati sottoposti a un semplice prelievo di sangue, ad eccezione dei neonati, per i quali il campione di cellule è stato invece ottenuto a partire dal sangue contenuto nel cordone ombelicale.
Le cellule del sistema immunitario invecchiano?
“Sulla base di studi precedenti, ci aspettavamo di scoprire che le cellule T killer [un tipo particolare di cellule T, ndr] negli anziani fossero meno efficaci perché esaurite o ‘addormentate’”, spiega Carolien van de Sandt, prima autrice della pubblicazione. In realtà, quello che succede nel corso dell’invecchiamento è più complesso e, da un certo punto di vista, sorprendente: dalle analisi è infatti emerso che le cellule T degli over 60 presentano profili di espressione genica molto simili a quelli delle cellule T prelevate dai neonati, che non hanno ancora incontrato molti patogeni. Questo le rende meno adatte alla loro funzione, perché è come se, invecchiando, perdessero la loro preziosa memoria. Quest’ultima consiste nell’espressione di specifiche proteine sulla membrana cellulare, che consentono alle cellule T di riconoscere rapidamente i patogeni già incontrati in passato.
Le possibili implicazioni sui vaccini
Come emerge dai risultati di diverse ricerche, fra cui uno studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Cell, le cellule T sono dei mediatori fondamentali nella risposta ai vaccini anti-influenzali e anche a quelli diretti contro il Sars-CoV-2. Secondo Kedzierska, quindi, il presente studio non solo contribuisce alla comprensione di come il sistema immunitario evolve nel corso dell’invecchiamento, ma potrebbe anche contribuire alla progettazione di vaccini ancora più efficaci nel proteggere le fasce di età più a rischio: “I nostri risultati suggeriscono che, se vogliamo potenziare le cellule T killer attraverso la vaccinazione, la tempistica può svolgere un ruolo essenziale per mantenere queste cellule T killer ottimali anche in età avanzata”, conclude Kedzierska: “Questo studio rappresenta un punto di svolta per la ricerca sull’immunità in età avanzata. Ha implicazioni di vasta portata e apre nuove possibilità per lo sviluppo di vaccini e terapie migliori, adatti alle diverse fasce d’età”.