Gli ingranaggi dell’immunità
Non molti lo sanno, ma l’infiammazione è l’altra faccia della medaglia della nostra risposta immunitaria. Lo abbiamo visto anche nella pandemia: i casi più gravi di Covid-19 sono legati a un’attivazione eccessiva e dannosa del sistema immunitario. Se da un lato per due millenni l’infiammazione è stata vista soltanto come qualcosa di utile, un meccanismo che ci difende dagli attacchi esterni, l’effetto collaterale – spesso non da poco – è che questa accensione del sistema immunitario nel tempo può contribuire allo sviluppo di varie malattie. Sotto processo c’è l’infiammazione cronica latente (o di basso grado), spesso silente e che passa più facilmente inosservata. A delinearne le connessioni con le principali malattie non trasmissibili sono gli esperti dell’Harvard Medical School. Perché è importante conoscere questo nemico della nostra salute? Perché, come ricordano anche i ricercatori nel loro articolo, è possibile intervenire con azioni mirate per ridurla.
L’immunità innata e quella adattativa
L’immunità innata è presente fin dalla nascita e ne fanno parte i granulociti e il sistema del complemento. I granulociti sono globuli bianchi che hanno una vita breve e che contengono piccoli granuli che servono a dissolvere sostanze estranee. Il sistema del complemento, basato su circa 30 proteine, si attiva a cascata, partecipando al processo di difesa dalle infezioni.
C’è poi un’immunità specifica o adattativa, anche detta acquisita, diretta in maniera mirata contro microorganismi che abbiamo già incontrato, per un’infezione precedente o per esempio tramite la vaccinazione. Un ruolo centrale è giocato in questo caso dalle cellule T – o linfocitiI linfociti sono le cellule che costituiscono la porzione effettrice del sistema immunitario adattativo; essi sono in grado di generare e modificare gli anticorpi che in futuro riconosceranno gli antigeni. Sono presenti negli organi linfoidi primari, negli organi linfoidi secondari, nel sangue periferico e nella linfa (dove prendono il loro nome attuale). T – insieme alle cellule B e ai macrofagi. I linfociti T guidano le operazioni con cui si cerca di eliminare i microorganismi, dirigendo nel luogo opportuno cellule e sostanze chimiche. I linfociti B producono gli anticorpi diretti contro lo specifico patogeno e richiamano altre sostanze (il sistema del complemento) contro l’invasione. Ci sono poi i macrofagi – letteralmente grandi mangiatori – che fungono da “spazzini” del nostro organismo, “mangiando” ed eliminando patogeni e altri rifiuti, come granulociti morti e sostanze di scarto prodotte nel processo di attivazione del sistema immunitario. In questa operazione di pulizia, i macrofagi acquisiscono informazioni che trasmettono ai linfociti, i quali a loro volta ne terranno memoria.
Secondo un detto latino diffuso fra i medici, l’infiammazione si manifesta con “calor, dolor, rubor e tumor”, ovvero calore, dolore, rossore e gonfiore. Il modo di dire, in uso ancora oggi, si riferisce principalmente all’infiammazione acuta, mentre quella cronica è meno visibile e può essere più difficile da individuare, sia per il paziente sia per il medico
Infiammazione e rischio cardiovascolare
Infiammazione ed elevati livelli di colesterolo LDL sono due ingredienti che possono contribuire a malattie cardiovascolari e a eventi potenzialmente fatali come l’infarto. In questo caso l’infiammazione si può misurare attraverso i livelli di un marcatore, la proteina C reattiva (Pcr), nel sangue. Chi ha elevati livelli della proteina C reattiva (misurata con test ad alta sensibilità, per approfondire leggi “Come misurare l’infiammazione”), infatti, avrebbe un rischio doppio di andare incontro a un infarto, e la p, infatti, avrebbe un rischio doppio di andare incontro a un infarto, e la probabilità è ancora maggiore se anche il colesterolo LDL è alto. Il motivo? Quando il colesterolo LDL si ossida viene facilmente riconosciuto e ingerito dai macrofagi: cariche di lipidi, queste cellule del sistema immunitario si depositano sulla parete delle arterie e vengono ricoperte da un tessuto fibroso, formando placche aterosclerotiche. In certi casi, quando crescono e quando il loro rivestimento è sotto stress, queste placche possono rompersi e i coaguli possono ostruire un’arteria coronaria, causando un infarto.
Infiammazione e diabete
Alcuni ampi studi osservazionali (in cui i ricercatori non intervengono direttamente ma si limitano ad osservare un certo fenomeno) hanno mostrato un’associazione tra alti livelli di Pcr e insulino-resistenza. L’insulino-resistenza, che è spesso l’anticamera del diabete, si manifesta quando le cellule non permettono all’insulinaOrmone prodotto dalle cellule delle isole di Langerhans del pancreas. Stimola l’ingresso del glucosio nelle cellule, sottraendolo al sangue e abbassando quindi la glicemia. Essa induce l'utilizzo del glucosio sia per produrre energia, che per la sintesi del glicogeno e dei grassi. di entrare al loro interno, con il risultato che il glucosio nel sangue non viene metabolizzato adeguatamente.
Infiammazione e tumori
C’è un legame stretto anche fra infiammazione e il cancro. Quasi 150 anni fa, il patologo Rudolf Virchow si accorse che il tessuto tumorale contiene alte concentrazioni di cellule infiammatorie e ha ipotizzato che i tumori si formassero in siti dove c’è un’infiammazione cronica. La sua ipotesi è stata poi confermata: circa il 15% dei tumori maligni sono collegati in maniera stringente ad alcune infezioni. Alcune sostanze prodotte in una reazione infiammatoria, come i radicali liberiUn radicale libero è una molecola o un atomo particolarmente reattivo che contiene almeno un elettrone spaiato nel suo orbitale più esterno. A causa di questa caratteristica chimica, i radicali liberi sono altamente instabili e cercano di tornare all'equilibrio rubando all'atomo vicino l'elettrone necessario per pareggiare la propria carica elettromagnetica. Questo meccanismo dà origine a nuove molecole instabili, innescando una reazione a catena che, se non viene arrestata in tempo, finisce col danneggiare le strutture cellulari ed i processi metabolici., possono danneggiare il Dna delle cellule e favorire lo sviluppo di cellule tumorali. Di nuovo entrano in gioco i macrofagi: queste molecole, che hanno il ruolo di eliminare microrganismi e prodotti di scarto, possono produrre fattori di crescita del tumore e promuovere la proliferazione di vasi sanguigni che alimentano le cellule tumorali.
Alcune sostanze prodotte in una reazione infiammatoria, come i radicali liberi, possono danneggiare il Dna delle cellule e favorire lo sviluppo di cellule tumorali
Infiammazione e Alzheimer
La barriera emato-encefalica difende il cervello da attacchi esterni potenzialmente pericolosi, come infezioni, e dall’infiammazione. Se dall’esterno siamo piuttosto protetti, qualche danno può avvenire all’interno di questa barriera. Qui le cellule della microglia, la controparte cerebrale dei macrofagi, scorrazzano e inghiottono sostanze estranee rilasciando molecole infiammatorie. Quando questo rilascio è eccessivo si possono verificare dei problemi: è il caso della proteina beta-amiloide, che si ritiene possa giocare un ruolo di primo piano nell’Alzheimer. Le cellule della microglia incorporano la beta-amiloide formando le placche caratteristiche della malattia.
Abbiamo approfondito le metodiche oggi più utilizzate per misurare l’infiammazione cronica latente in un altro articolo che troverete sul sito di SoLongevity.