Vi svegliate con un dolorino nuovo, mai provato prima. Provate a fare finta di niente, convinti che passerà presto. Ma il dolorino persiste, non passa, dà fastidio. Ora sapete bene cosa dovreste fare: dovreste informarvi, indagare, chiedere consiglio al vostro medico. Eppure non riuscite, perché, sotto sotto, avete paura di scoprire che dietro a quel dolorino c’è qualche problema grave. Una malattia, magari incurabile. Se vi siete riconosciuti, è probabile che anche voi facciate parte del gruppo di persone che soffre di Fofo, acronimo inglese che sta per “fear of finding out”, ossia, per l’appunto, “paura di scoprire”. Una paura piuttosto diffusa, che in verità non riguarda solo la salute: uno studio condotto da Barclays, per esempio, ha svelato che oltre un terzo dei millennial è così preoccupato dal proprio status economico da non riuscire a controllare il conto in banca. Per paura, per l’appunto, di “scoprire” di essere poveri.
Paura di paure
Di Fofo in ambito medico si è cominciato a discutere diffusamente nel 2018, in seguito alla pubblicazione di un editoriale sul British Medical Journal Opinion a firma Muir Gray, visiting professor al Nuffield Department del Primary Care Health Science di Oxford, nel Regno Unito. “Si parla molto del problema dell’eccessiva pressione sui medici di medicina generale”, spiega Gray, “e dell’abuso del ricorso alle cure primarie da parte di persone che non ne avrebbero davvero bisogno, e che ne traggono pochi benefici. Si parla molto meno, invece, del rovescio della medaglia, ossia della sottovalutazione del ricorso al medico e alle cure primarie da parte di chi, invece, ne avrebbe bisogno”. Un rapporto del 2017, condotto da 2020 health, ha mostrato che circa un terzo delle ragioni che inducono le persone a desistere dal farsi visitare dal proprio medico non ha niente a che fare con problemi pratici, ma è legata a questioni psicologiche: la Fofo, appunto. Nel rapporto la Fofo viene definita come “un costrutto multifattoriale legato all’ambiente clinico, e/o all’indagine clinica, e/o alla diagnosi: le paure all’interno di uno di questi domini possono interagire con altre barriere psicologiche, ambientali, logistiche ed esperienziali all’auto-aiuto”. La Fofo, dunque, sarebbe legata anche alla paura di essere fisicamente esaminati, di avere a che fare con l’ambiente ospedaliero, di doversi sottoporre a cure, di dover subire una qualche forma di stigma o di discriminazione, di sentirsi sotto pressione, di dover cambiare stile di vita, di apparire debole o di non riuscire più a tenere sotto controllo la propria vita.
Studiare il fenomeno
La Fofo va riconosciuta e tenuta sotto controllo: questo blocco, infatti, può avre un impatto negativo sulla vita quotidiana e anche sullo stato di salute. Rimandare – o addirittura evitare – dei controlli medici solo per paura di sapere può portare a un ritardo nelle cure e a un peggioramento della condizione, il che può a sua volta innescare un circolo vizioso dal quale diventa difficile uscire. Gli esperti lo sanno bene, e riconoscono che il problema, ancor prima che psicologico, è sociale: “Negli ultimi cinquant’anni”, prosegue Gray, “la medicina ha fatto passi da gigante, ma esistono ancora delle grandi lacune, per esempio, nell’inclusione di tutti i gruppi sociali. È il momento di agire non solo per rispondere alle domande dei pazienti, ma per assicurarci di identificare e includere le persone che non si mettono in contatto con i servizi sanitari pur avendone potenzialmente bisogno. Vuol dire che dobbiamo anzitutto capire chi sono le persone che soffrono di Fofo e poi come confrontarci con loro: per farlo c’è bisogno di educazione e analisi predittiva”.
Come superare la Fofo
Cosa possono fare, invece, i pazienti? Anzitutto – è il passo zero – identificare il problema e riconoscere le proprie paure. E poi rivolgersi a un esperto: superare il blocco da soli può essere molto difficile, ma la psicoterapia può rappresentare un aiuto valido ed efficace. Esistono tecniche cognitivo-comportamentali, per esempio, basate sull’esposizione consapevole a un certo tipo di stimolo, quello temuto, per imparare a inquadrarlo e fronteggiarlo. In questo modo, dicono gli esperti, si può superare un blocco ansioso “allenandosi” a tollerare quel tipo di ansia.