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Il digiuno intermittente migliora la salute dell’intestino

Articolo di SoLongevity Research
digiuno intermittente
Regimi dietetici differenti hanno effetti diversi sul microbiota intestinale: identificando i cambiamenti si potrebbero mettere a punto strategie alimentari personalizzate per combattere l'obesità e altre malattie metaboliche

Di cosa parla questo articolo

  • La composizione del microbiota intestinale influenza lo stato di salute
  • Uno studio recente mostra che il digiuno intermittente migliora la salute dell’intestino e fa perdere peso riducendo le riserve di grasso
  • Regimi dietetici ipocalorici differenti modificano il microbiota in modo diverso: capire come può mettere le basi per approcci personalizzati alle malattie metaboliche

Migliora la salute dell’intestino e ci aiuta a gestire il peso. É il digiuno intermittente, modello dietetico che prevede l’alternanza di periodi di digiuno e periodi di alimentazione e che ha guadagnato popolarità per i suoi potenziali effetti benefici per la salute. Prove a sostegno arrivano anche da un recente studio, pubblicato su Nature Communications e coordinato dall’Arizona State University, i cui risultati contribuiscono a migliorare la nostra comprensione della complessa relazione tra microbiota intestinale e metabolismo e aprono la strada per la messa a punto di potenziali interventi dietetici efficaci contro l’obesità e le malattie metaboliche.

Il ruolo del microbiota intestinale

Per microbiota intestinale si intende la comunità di microrganismi che abitano l’intestino, ossia batteri, virus, funghi e altro. Questo complesso ecosistema svolge un ruolo cruciale sia nelle funzioni corporee essenziali sia nella salute generale. Tra i diversi compiti, infatti, aiuta a scomporre il cibo, produrre vitamine e favorire l’assorbimento dei nutrienti. Svolge, inoltre, un ruolo nello sviluppo e nel funzionamento del sistema immunitario e regola il metabolismo, influenzando il peso corporeo, l’accumulo di grasso e la sensibilità all’insulina.

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L’integrazione con aminoacidi essenziali può aiutare a mantenere elevata la concentrazione di batteri 'buoni', che tendono a diminuire con l’età, e a ridurre l’inflammaging intestinale. Inoltre promuove la sintesi proteica, contrastando la perdita di massa muscolare (sarcopenia) che si verifica sia con l'invecchiamento sia in altre condizioni, come in seguito a diete ipocaloriche.

Il legame tra dieta e microbiota

Precedenti ricerche hanno già mostrato come alcuni modelli alimentari, per esempio la restrizione calorica e il digiuno intermittente, possono influenzare il peso così come la composizione del microbiota intestinale, anche se l’effetto ancora oggi non è stato chiarito del tutto. “Un microbiota intestinale sano è essenziale per la salute generale, in particolare nella gestione dell’obesità e delle malattie metaboliche”, ha spiegato Karen Sweazea, tra gli autori dello studio. “I batteri intestinali influenzano il modo in cui immagazziniamo il grasso, bilanciamo i livelli di glucosio e rispondiamo agli ormoni che ci fanno sentire affamati o sazi. Le alterazioni del microbiota intestinale, quindi, possono portare a un aumento dell’infiammazione, della resistenza all’insulina e all’aumento di peso, sottolineando il ruolo fondamentale della salute dell’intestino nella prevenzione e nella gestione dei disturbi metabolici”.

Regimi ipocalorici a confronto

Nell’indagine i ricercatori hanno coinvolto 41 persone (27 donne e 14 uomini) sovrappeso o obesi, suddivisi in due gruppi sulla base dell’intervento dietetico proposto: un gruppo ha seguito una dieta sana e ipocalorica, sullo stile di quella mediterranea basata sulle raccomandazioni dietetiche statunitensi, mentre l’altro ha seguito il regime If-p, ossia la combinazione di digiuno intermittente e protein pacing, traducibile in italiano con “stimolazione proteica”. Nel dettaglio, si tratta di una dieta ad alto contenuto proteico che prevede il controllo dell’assunzione di proteine a intervalli regolari, mentre il digiuno intermittente limita il consumo di cibo a determinati orari in alcuni giorni.

I ricercatori hanno monitorato i partecipanti per un periodo di tempo di 8 settimane e confrontato gli effetti dei modelli dietetici ipocalorici in entrambi i gruppi. In particolare, si sono concentrati sulla valutazione della composizione microbica intestinale, delle molecole infiammatorie chiamate citochine, degli Scfa (metaboliti derivati dalle fibre alimentari, importanti per la regolazione del bilancio energetico) e del metaboloma.

L’aiuto del digiuno intermittente e della supplementazione proteica

Dalle analisi è emerso che chi ha seguito il regime di digiuno intermittente ha sperimentato una significativa riduzione dei sintomi gastro-intestinali e un aumento dei batteri intestinali benefici, in particolare della famiglia Christensenellaceae. Questi batteri, secondo i ricercatori, sono associati a una migliore ossidazione dei grassi e alla salute metabolica. Il gruppo che ha seguito la dieta ipocalorica simil mediterranea ha comunque mostrato un aumento dei metaboliti associati a percorsi metabolici che favoriscono la longevità.

Nonostante entrambi i gruppi abbiano ricevuto un apporto energetico settimanale medio simile, il gruppo del digiuno intermittente ha registrato una maggiore perdita di peso e riduzione del grasso: la percentuale di massa corporea magra è aumentata, mentre il peso corporeo iniziale è diminuito in media dell’8,81%. In confronto, quelli del gruppo della dieta ipocalorica simil-mediterranea hanno perso in media il 5,4% del peso corporeo. Inoltre, con il digiuno intermittente sono aumentati i livelli delle citochine associate alla perdita di peso, nonché sottoprodotti di aminoacidi che promuovono la combustione dei grassi.

Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche, questi risultati sottolineano il potenziale del digiuno intermittente e delle diete ad alto contenuto proteico nel migliorare la salute dell’intestino e la gestione del peso. “Questa linea di lavoro è promettente per creare strategie sanitarie personalizzate poiché, identificando i cambiamenti specifici nei batteri, nei percorsi funzionali e nei metaboliti associati, possiamo adattare meglio i regimi nutrizionali per migliorare la funzione intestinale e i risultati metabolici”, ha concluso Alex Mohr, primo firmatario del paper.

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