Il fatto di invecchiare o meno in salute è certamente una questione di stile di vita e buone abitudini, ma anche di genetica: un nuovo studio, coordinato da ricercatori dell’Università di Padova e pubblicato su The Journal of Clinical Investigation, sembra confermarlo. Gli autori hanno infatti identificato e caratterizzato un gene finora sconosciuto, che codifica per la proteina denominata MYTHO (Macroautophagy and YouTH Optimizer) e che svolge un ruolo importante nell’invecchiamento cellulare e nella longevità.
L’identificazione del gene MYTHO
Si tratta di un gene che presenta una sequenza simile anche in specie molto distanti fra loro dal punto di vista evolutivo. In gergo si dice che è un gene molto conservato, fatto che solitamente indica un ruolo importante o addirittura decisivo per la sopravvivenza degli organismi che lo contengono all’interno del proprio genoma.
Ed è proprio per questo motivo che il gruppo di ricerca ha iniziato a studiarlo: “Tutto è cominciato con una ricerca informatica per identificare nel genoma umano potenziali geni, ancora sconosciuti, che potessero avere una rilevanza nei meccanismi che controllano la qualità delle proteine e degli organelli – commenta Anais Franco Romero, prima autrice del lavoro insieme a Valeria Morbidoni -. Tra i diversi candidati, il team si è focalizzato su un gene che spiccava per essere estremamente conservato tra le diverse specie animali, dall’essere umano fino ai vermi, denominato MYTHO”.
Senescenza cellulare e autofagia
Attraverso esperimenti di manipolazione genetica, il gruppo ha dimostrato che la sua inibizione provoca una precoce senescenza (o invecchiamento) cellulare e un accorciamento della vita nel verme Caenorhabditis elegans, largamente utilizzato come modello animale nei laboratori di genetica per studiare appunto la funzione di alcuni geni, specialmente quelli che risultano conservati anche nell’essere umano.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che il gene MYTHO regola l’autofagiaL'autofagia cellulare o autofagocitosi è un meccanismo cellulare di rimozione selettiva di componenti di cellule vecchie o danneggiate, che ne permette la degradazione e il riciclo dei componenti recuperati per costruire nuove proteine. Il suo corretto funzionamento ha impatto sostanziali sulla riduzione dell'infiammazione organica latente e sull'insorgenza di patologie croniche e tumorali., un processo che permette la rimozione di proteine e organelli danneggiati, contribuendo così a mantenere le cellule in salute.
Non solo vermi
Lo studio non è stato condotto solo su C. elegans, ma anche su topi e in vitro, utilizzando linee cellulari di mammifero cresciute in laboratorio e cellule ottenute da biopsie di tessuto muscolare effettuate su persone di età diversa.
Da questi esperimenti è emerso che il gene MYTHO risulta essere particolarmente attivo negli individui e nei topi più anziani rispetto a quelli più giovani. Fatto che sembra avvalorare l’idea che questo gene svolga un ruolo importante nell’invecchiamento.
Inoltre, analogamente a quanto osservato in C. elegans, anche nelle cellule coltivate in laboratorio l’inibizione del gene MYHTO ha causato effetti caratteristici dell’invecchiamento cellulare, come una ridotta proliferazione e la produzione delle cosiddette “specie reattive dell’ossigeno” (Reactive Oxygen Species, ROS), che causano ossidazione e stress cellulare.
Per il momento la scoperta non ha applicazioni cliniche ma ci si aspetta che possa aprire una nuova frontiera di ricerca.