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Covid-19, perché chi è obeso rischia di più?

Articolo di SoLongevity Research

Se il principale fattore che predispone allo sviluppo di forme gravi di Covid-19 è l’età avanzata, l’obesità viene subito dopo. Come mai? Che cos’hanno in comune queste due condizioni? Entrambe sembrano ridurre la capacità dell’organismo di combattere l’infezione indebolendo il sistema immunitario e promuovendo l’infiammazione. A fare il punto è un articolo pubblicato su Nature (nella sezione Features – Collection, “Nutrition, immunity and a global pandemic”, in collaborazione con un altro giornale dello stesso gruppo, European Journal of Clinical Nutrition and Nutrition & Diabetes).

L’età, il più grande fattore di rischio per ogni malattia

L’invecchiamento e le sue conseguenze sono fenomeni molto studiati. Facile intuirne il motivo: l’età avanzata è legata a molteplici patologie, molte delle quali, scavando a fondo, rivelano avere basi infiammatorie. Sebbene ci sia ancora tanto da svelare, gli scienziati hanno prodotto abbastanza prove per essere ragionevolmente sicuri che col passare del tempo il sistema immunitario si modifica, diventando per certi versi meno attivo e per altri iper-reattivo. Col risultato di non essere più tanto efficiente nel combattere le infezioni.

Obesità, un accelerante?

Per gli esperti l’obesità potrebbe accelerare l’invecchiamento del sistema immunitario.

Se di norma il tessuto adiposo svolge un ruolo antinfiammatorio e protettivo, quando diventa troppo può diventare disfunzionale, secernendo ormoni e altri segnali chimici che invece promuovono quello che viene definito uno stato infiammatorio cronico di basso grado. Una condizione simile, appunto, a quella che si sviluppa con il passare degli anni e che aumenta il rischio di insorgenza di disturbi come malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, tumori, etc. E secondo alcuni non sarebbe un caso che un elevato indice di massa corporea sia associato a esiti peggiori delle malattie infettive, compresa Covid-19.

L’obesità sembra accelerare l’invecchiamento del sistema immunitario

Tre possibili meccanismi

Come l’infiammazione cronica di basso grado venga favorita dall’eccesso di tessuto adiposo è ancora oggetto di indagine, ma le ipotesi sono diverse. Alcuni esperti pensano che il sovraccarico di sostanze nutritive all’interno degli adipociti (le cellule del grasso) provochi uno stress intercellulare che avvia una cascata infiammatoria. Altri ritengono che il tessuto adiposo diventi ipossico e che, in carenza di ossigeno, attivi meccanismi infiammatori. Una terza possibilità è che nel tessuto adiposo sovrabbondante si infiltrino cellule del sistema immunitario (macrofagi) che tentano faticosamente di liberarsi delle parti morenti. Tutto ciò genera tossicità, innescando una cascata di reazioni che contribuiscono allo stato infiammatorio cronico dell’organismo.

L’obesità, comunque, è considerata un fattore di rischio per Covid-19 non solo per il suo contributo all’infiammazione cronica. Il sovrappeso, infatti, si associa molto spesso al diabete di tipo 2 e a difficoltà respiratorie, che a loro volta espongono a un maggiore rischio di complicazioni dell’infezione da parte di Sars-Cov-2.

 

Il ruolo dell’alimentazione

A influenzare l’infiammazione cronica di basso grado contribuisce anche la nostra alimentazione. Secondo un articolo pubblicato nel 2019 sulla rivista Nutrients, la dieta dei Paesi Occidentali (ad alto reddito) si è arricchita di zuccheri e grassi e impoverita di carboidrati complessi, fibre e micronutrienti: una combinazione poco sana, che favorisce la cosiddetta infiammazione metabolica cronica e che altera il microbiota intestinale, aumentando la produzione di tossine. L’obesità, poi, predispone all’alterazione della permeabilità intestinale. Il che significa che più tossine passano dall’intestino al flusso sanguigno, inducendo un’ulteriore risposta infiammatoria.

La dieta mediterranea, ricca di alimenti che contengono antiossidanti, polifenoli e grassi omega 3, può contribuire a ridurre l’infiammazione cronica legata all’obesità.

L’eccesso di tessuto adiposo potrebbe attivare una cascata infiammatoria

Mangiare bene è dunque fondamentale per tutti e può aiutare a ridurre i danni causati dai problemi connessi all’età e al sovrappeso. La dieta mediterranea ad oggi viene considerata ancora la migliore, perché fornisce antiossidanti, polifenoli e omega 3 che lavorano per ridurre l’infiammazione. Sono molecole che hanno dimostrato di avere una efficacia, studiate anche come ingredienti all’interno di integratori alimentari per supportare il sistema immunitario e invertire i processi di infiammazione cronica.

Perdere peso ci protegge

Rimodulare la propria dieta e praticare esercizio fisico (anche moderato, come una passeggiata da 20 minuti) non solo possono contribuire a diminuire lo stato infiammatorio cronico di basso grado, ma aiutano a mantenere il peso-forma o a perdere il peso in eccesso. Secondo Andrew Greenberg del Jean Mayer USDA Human Nutrition Research Center on Aging, “anche perdere dal 5 al 10% del peso aiuta davvero una persona a migliorare il proprio profilo metabolico”.

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