Che cos’è la rapamicina?
La rapamicina è un antibiotico di origine naturale, prodotto da un batterio del suolo, lo Streptomyces hygroscopicus, e isolato per la prima volta da un campione di terreno proveniente dall’isola di Rapa Nui (Isola di Pasqua), da cui prende il nome. La rapamicina, comunque, è nota anche come Sirolimus. Più che come antibiotico, però, questa molecola è stata approvata dalla statunitense Food and Drug Administration (FDA) e dalla European Medicine Agency (EMA) come farmaco per prevenire il rigetto di organi appena trapiantati, grazie alle sua capacità di ridurre la risposta immunitaria.
Come agisce?
Nei mammiferi, la rapamicina agisce su un enzima in grado di regolare la crescita, la proliferazione e la sopravvivenza delle nostre cellule. Proprio perché costituisce il principale bersaglio della rapamicina, questo enzima è stato nominato mammalian Target Of Rapamycin (mTORLa via mTOR (mammalian target of rapamycin) è un insieme di enzimi che reagiscono ai nutrienti ingeriti con il cibo, scomponendoli e ricombinandosi per costruire nuove proteine utili alla “crescita dell’organismo”. Rispondono a specifici stimoli ormonali (Insulina e IGF-1) diventando in questo modo il centro di controllo della crescita e della proliferazione cellulare nel metabolismo. Questa via è anche responsabile dell’eliminazione delle cellule vecchie e difettose (Autofagia cellulare) con il doppio vantaggio di riciclarne i componenti fondamentali per produrre nuove cellule ed eliminarle per evitare che inneschino processi degenerativi ed infiammatori.).
Perché la rapamicina è considerata una molecola della longevità?
Alcuni studi hanno evidenziato che la rapamicina stimola la sintesi di particolari proteine chiamate istoni, che interagiscono con il DNA e hanno la fondamentale funzione di permettergli di compattarsi all’interno del nucleo della cellula. In pratica, gli istoni funzionano per il DNA come dei veri e propri rocchetti, come quelli sui quali si avvolge il filo per cucire. Senza istoni le nostre cellule non sarebbero in grado di sopravvivere e persino piccole mutazioni di queste speciali proteine risultano spesso letali.
L’espressione degli istoni si riduce naturalmente durante l’invecchiamento, ma si è visto che il fenomeno sembra essere contrastato dalla somministrazione di rapamicina, quantomeno nei moscerini della frutta e nei topi, e soprattutto nelle cellule intestinali di questi animali. Ecco quindi una delle ipotesi che spiegherebbe il suo effetto sulla longevità: somministrata per un periodo di tre mesi a topi di 20 mesi di età (che equivale a circa 60-65 anni negli umani), la rapamicina si è dimostrata capace di allungarne la vita di circa il 50%.
Può dare effetti collaterali?
La somministrazione di rapamicina ai dosaggi che si utilizzano per evitare il rigetto di organi appena trapiantati può causare numerosi effetti collaterali anche gravi, fra cui aumento del colesterolo e del glucosio nel sangue (con possibile insorgenza di diabete), accelerazione del battito cardiaco, rallentamento nella cicatrizzazione delle ferite, formazione di ulcere nella bocca e comparsa di disturbi mestruali. Per questo motivo, parte della comunità scientifica sta focalizzando la ricerca in questo ambito sulla possibilità di somministrare bassi dosaggi di questa molecola e per brevi periodi di tempo.