Da anni scandagliamo la letteratura scientifica in ricerca di dati che ci possano indirizzare verso un migliore inquadramento diagnostico e potenziali terapie della fibromialgia. Una malattia che rimane ancora, dopo anni di ricerca, sostanzialmente sconosciuta. Non ne conosciamo le cause, facciamo fatica a diagnosticarla (la diagnosi si fa quasi sempre dopo avere escluso altre malattie infiammatorie o reumatiche) e non abbiamo a disposizione terapie capaci di risolvere il problema alla base. Al punto che ancora oggi la fibromialgia non è riconosciuta come un’entità nosologica autonoma, con grosse implicazioni per i pazienti che ne soffrono.
In questo contesto, l’identificazione di uno o più meccanismi biologici alla base della malattia potrebbe farci fare passi da gigante. La bravissima Roberta Gualtierotti del Policlinico di Milano, insieme ad altri colleghi fra i quali il farmacologo Massimiliano Ruscica, ha concluso uno studio su pazienti fibromialgici nei quali è stata analizzata, con una tecnica molto sofisticata, la funzionalità dei mitocondri.
Cosa sono i mitocondri
I mitocondri sono le nostre centrali energetiche. Quando smettono di funzionare, l’intero sistema cellulare entra in crisi. Non solo, un mitocondrio non funzionante diventa un peso per la cellula perché innesca processi infiammatori che finiscono per interessare tutto il tessuto. I dati dello studio, ancora considerati come preliminari anche se molto convincenti, dicono che i mitocondri dei pazienti fibromialgici non funzionano come dovrebbero. L’idea era nell’aria ma mancavano i dati.
Le implicazioni dello studio
Se i dati verranno confermati, non solo avremo a disposizione un test di laboratorio molto utile per diagnosticare la malattia, ma avremo anche in mano nuove potenziali terapie. Rinnovare i mitocondri potrebbe non essere così difficile. Alcune molecole di origine naturale, una su tutte l’urolitina, possono aiutarci. Ma anche i NADIl NAD (Nicotinammide adenindinucleotide ) è un co-enzima essenziale al metabolismo della cellula, intervenendo nell'attività di più di 200 proteine-enzimatiche che governano il processo energetico della cellula stessa. Con l'età, si diventa deficitari di questo co-enzima alterando il catabolismo cellulare. booster e altre molecole che lavorano sul ciclo di generazione dell’energia. Abbiamo inoltre a disposizione tecniche che vengono dal mondo del “biohacking” che sembrano funzionare abbastanza bene, anche se necessitano di ulteriori evidenze sperimentali. Senza dimenticare che meccanismi molto simili sono alla base della sindrome long Covid. Forse questo studio ci fornirà informazioni utili anche per questi pazienti.